Migranti e marziani

Tra le ovvietà che di solito si dicono a proposito dei migranti, che so, “non possiamo accoglierli tutti”, “aiutiamoli a casa loro”, “ospitateli nelle vostre ville, se vi piacciono tanto”, una che mi irrita assai è l’espressione “migranti economici”. I migranti economici sarebbero quelli che non hanno diritto di asilo, perché le motivazioni del loro migrare sarebbero soltanto la miseria e la fame. Mossi da queste ragioni non decisive e  non giustificate (che diamine: anche qui da noi ci sono i derelitti e i morti di fame…), verrebbero nel nostro paese con intenti subdoli mescolandosi agli autentici profughi. Cioè: si giocherebbero i già scarsi e sudati risparmi, si sottoporrebbero a viaggi improbi, metterebbero ad alto rischio l’integrità e incolumità personale sapendo di poter probabilmente annegare in prossimità della meta, tutto questo al solo scopo malvagio di turbare i nostri sonni e di gravare sul nostro fragile assetto sociale?

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Tutto Riviello

Questa edizione dell’opera omnia di Vito Riviello (Tutte le poesie, Sapienza Università editrice) è davvero un libro “totale”: suddivisa in due volumi per ragioni di maneggiabilità e curata con grande competenza e acume interpretativo da Cecilia Bello Minciacchi, consente una lettura complessiva dell’autore che ne rivela tutta la complessità. Riviello è tra gli autori che hanno operato dopo la stagione delle neoavanguardie, però senza tentazioni retrograde, piuttosto con una cifra originale di poetica “non allineata”. Il problema critico che lo riguarda ‒ lo solleva Cecilia Bello Minciacchi nel corso della sua introduzione ‒ è che è fin troppo facile catalogarlo (etichettarlo) nella sfera del comico.

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LEZIONE PALAZZESCHI

Prosegue il corso (per il vero non molto accelerato) di videolezioni sulla poesia italiana di inizio Novecento, nella sezione “Appello straordinario”. Tocca questa volta ad Aldo Palazzeschi e alla sua effervescente poesia comica tra crepuscolarismo e futurismo. Il testo campione che viene analizzato è E lasciatemi divertire, uno scatenamento “sonoro” di natura ludica e tuttavia con risvolti alquanto seri.

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Continuazioni non indispensabili

C’è in giro una gran voglia di sequel. Lo si vede dalla fortuna delle serie televisive e dal fatto che gli eroi della fiction non riescono mai a morire e vanno oltre gli stessi autori… Non si riesce a smettere (questo giro di frase non è casuale: c’è una somiglianza tra la fiction e la droga?). La cosa non è proprio nuova, basti pensare al romanzo d’appendice e ai racconti a puntate. E certamente è da mettere in conto al carattere principale della lettura ingenua che legge d’un fiato per vedere come va a finire (il nostro Calvino l’aveva ironizzata da par suo nel racconto-cornice di Se una notte d’inverno un viaggiatore). Che sia ora incentivata anche dalla tendenza delle nuove tecnologie all’affiliazione e alla fidelizzazione, può essere; di fatto, questa passione del serial reader per le continuazioni, non solo penalizza l’analisi testuale, in quanto a rigore non la si potrebbe mettere in atto prima che il testo sia del tutto finito, ma arriva a indurre a ripensamenti quegli autori che avevano lasciato il loro finale in sospeso.

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Attorno a Spatola

Sono usciti a poca distanza l’uno dall’altro vari interventi attorno alla figura di Adriano Spatola. Si tratta in realtà dei contributi relativi all’anniversario dei 30 anni dalla scomparsa dell’autore, che ‒ pronunciati a voce nel 2018 ‒ compaiono ora a stampa. Le occasioni erano state il convegno di Milano a Palazzo Sormani del 28 novembre e la mostra “Da zero a infinito” dello Studio Varroni di Roma, tra dicembre 2018 e il febbraio 2019. In attesa di accogliere e commentare l’edizione complessiva degli scritti poetici, che mi dicono prossima, vediamo intanto di fare il punto su questo piccolo, ma significativo, campione critico.

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Cosa s’intende con sperimentalismo

Poiché ho dedicato un piccolo archivio alle scritture sperimentali ‒ nella sezione sulla destra GLI AUTORI‒ sono tenuto a definire quale sia il criterio adottato e quindi a offrire un profilo, per quanto schematico, dello sperimentalismo.

 Il problema di nozioni come quella di “sperimentalismo” è di non dire quasi niente se la s’intende il senso lato ‒ perché, quale autore non fa “esperimenti”, prove, esperienze? ‒ e di dire troppo se la s’intende alla lettera. Alla lettera, infatti, sarebbe costituito dal rinvenimento nella letteratura di un atteggiamento simile a quello dello scienziato. In questo caso ben pochi autori potrebbero rientrarci, solo quelli che lavorano predisponendo un meccanismo a priori ed osservando come poi il testo si fa da sé in base a quello (i giochi dell’Oulipo, da noi Nanni Balestrini, ma forse neanche). Tanto più che a quei pochi tale definizione non gioverebbe che ad essere respinti con orrore da tutti i teorici dell’emozione poetica, le cui sensitive antenne non vibrerebbero nemmeno un poco di fronte a una simile operazione “a freddo”. Continua a leggere Cosa s’intende con sperimentalismo