Archivi categoria: Chi lo dice?

Lo dice Rossi-Landi

Qui però ci si deve rifare alle osservazioni più volte avanzate sulla enorme lunghezza del periodo da prendere in considerazione, a cominciare dal fatto che, se “la natura umana è la sua storia”, allora l’inizio di questa storia va inteso in termini di ominazione cioè del primo staccarsi degli animali umani dagli altri animali. Si risale ad almeno due milioni di anni fa: fin da allora han cominciato a formarsi i primi e più profondi rapporti fra uomini e natura nella rete dei rapporti fra uomini, fin da allora ha cominciato ad accumularsi un inconscio umano (e si comprende come, adoperando ‘storico’ in senso stretto, cioè sulla scala di una manciata di millenni, si sia sostenuto che l’inconscio non è storico). Continua a leggere Lo dice Rossi-Landi

Lo dice Bauman

Il fascista, suggerisce Littell citando Theweleit, non ha mai effettuato compiutamente la separazione dalla madre; «Il fascista è il “non completamente nato”. Il fascista non è uno psicopatico; ha effettuato «spesso efficacemente, purtroppo», una «separazione parziale», costruendosi tramite la disciplina, l’addestramento, esercizi fisici – un Io esteriorizzato che si presenta come una “corazza”. Ma questo «Io-corazza» non è del tutto ermetico, anzi è fragile, e il fascista rischia costantemente la «dissoluzione dei limiti personali». Per sopravvivere, deve esteriorizzare ciò che lo minaccia dall’interno per poterlo uccidere in una doppia effigie: quella del femminile di cui non si è mai del tutto liberato (opposto «al maschile») e quella della «liquidità» (l’opposto del solido e del «duro»). Attraverso questa lente dicotomica l’universo appare come un campo di battaglia tra elementi manichei separati da una lunga serie di contrapposizioni: e ognuna di esse non è che una variante della metacontrapposizione tra ordine e caos (o suolo solido e palude) (…). Continua a leggere Lo dice Bauman

Lo dice Gadda

….Io, tu…. Quando l’immensità si coagula, quando la verità si aggrinza in una palandrana…. da deputato al Congresso,…. io, tu…. in una tirchia e rattrappita persona, quando la giusta ira si appesantisce in una pancia,…. nella mia per esempio…. che ha per suo fine e destino unico, nell’uni¬verso, di insaccare tonnellate di bismuto, a cinque pesos il decagrammo….. giù, giù, nel duodeno…. bismuto a palate…. attendendo…. un giorno dopo l’altro, fino alla fine degli anni…. Quando l’essere si parzializza, in un sacco, in una lercia trippa, i di cui confini sono più miserabili e più fessi di questo fesso muro pagatasse…. che lei me lo scavalca in un salto…. quando succede questo bel fatto…. allora…. è allora che l’io si determina, con la sua brava mònade in coppa, come il càppero sull’acciuga arrotolata sulla fetta di limone sulla costoletta alla viennese…. Continua a leggere Lo dice Gadda

Lo dice Foucault

Ora, da questa governamentalizzazione, caratteristica delle società europee occidentali intorno al XVI secolo, non può essere dissociata la questione inversa del «come non essere governati?». Non intendo sostenere che alla governamentalizzazione si sarebbe opposta l’affermazione contraria «non vogliamo essere governati in alcun modo». Piuttosto mi pare che nel grande fermento sviluppatosi attorno al problema della maniera di governare e alla ricerca delle maniere di governare emerga una questione costante: «come non essere governati in questo modo, in nome di questi principi, in vista di tali obiettivi e attraverso tali procedimenti»; e se riconosciamo a questo movimento della governamentalizzazione, della società e degli individui, la collocazione storica e l’ampiezza che mi sembra meriti, allora incontriamo ciò che definirei l’atteggiamento critico.

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Lo dice Borges

All’altro, a Borges, accadono le cose. Io cammino per Buenos Aires e indugio, forse ormai meccanicamente, a guardare l’arco d’un androne e la porta che dà a un cortile; di Borges ho notizie attraverso la posta e vedo il suo nome in una terna di professori o in un dizionario biografico. Mi piacciono gli orologi a sabbia, le mappe, la stampa del secolo XVIII, il sapore del caffè e la prosa di Stevenson; l’altro condivide queste preferenze, ma in un modo vanitoso che le muta negli attributi d’un attore. Sarebbe esagerato affermare che la nostra relazione è di ostilità; io vivo, mi lascio vivere, perché Borges possa tramare la sua letteratura, e questa mi giustifica. Continua a leggere Lo dice Borges

Lo dice Kafka

Bisognerebbe leggere, credo, soltanto i libri che mordono e pungono. Se il libro che leggiamo non ci sveglia con un pugno sul cranio, a che serve leggerlo? Affinché ci renda felici, come scrivi tu? Dio mio, felici saremmo anche se non avessimo libri, e i libri che ci rendono felici potremmo eventualmente scriverli noi. Ma noi abbiamo bisogno di libri che agiscano su di noi come una disgrazia che ci fa molto male, come la morte di uno che ci era più caro di noi stessi, come se fossimo respinti nei boschi, via da tutti gli uomini, come un suicidio, un libro dev’essere la scure per il mare gelato dentro di noi.

Lettera a Oskar Pollak, 27/01/1904

18/04/2021