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Nell’anno con il 3: “In negativo” di Enrico Filippini

Tra i partecipanti al Gruppo 63, Enrico Filippini (nella foto di gruppo, qui in evidenza, è il secondo a sinistra nella fila in basso accanto a Sanguineti) porta la sua esperienza di germanista e anche alcune indicazioni teoriche. Pochi i testi, anche per via di una congenita insoddisfazione. Una sua lettura risulta al convegno di Reggio Emilia e una parte di In negativo sta nell’antologia fondativa.

In negativo di Enrico Filippini

Nella narrativa sperimentale del Gruppo 63 si può identificare una linea cosiddetta “fenomenologica” che tende a rappresentare i fatti eliminando qualsiasi commento esterno e emotività interna, in modo da basarsi sul mero comportamento (con una sfumatura di vuoto esistenziale, naturalmente). Su queste coordinate possiamo leggere Germano Lombardi e, con le loro particolarità, i romanzi di Carla Vasio e Giulia Niccolai. Enrico Filippini potrebbe essere inserito in questo contesto, senonché il suo apporto risulta ancor più “tormentato”. Continua a leggere Nell’anno con il 3: “In negativo” di Enrico Filippini

Nell’anno con il 3: “La figlia prodiga” di Alice Ceresa

Proseguo nelle analisi degli autori del Gruppo 63 e dintorni che finora mi erano sfuggiti. Questo mese tocca a Alice Ceresa, autrice svizzera nata a Basilea.

ALICE CERESA, LA FIGLIA PRODIGA

Nella narrativa sperimentale connessa al Gruppo 63 una via percorsa è stata quella di portare il narrativo verso l’argomentativo, o forse meglio il linguaggio creativo verso il metalinguaggio. Comunque: forzare il genere per spiazzare il lettore.
All’interno della forma trattato si colloca La figlia prodiga di Alice Ceresa, uscito nella collanina rossa della “Ricerca letteraria” Einaudi nel 1967. Su quella linea c’era già – all’interno della neoavanguardia – la Hilarotragoedia di Manganelli, il quale non a caso si espresse favorevolmente in sede recensiva. Ci sono però, con Manganelli, insieme alle analogie, delle precise differenze. In entrambi c’è una funzione di contrappeso alla narrativa, ma mentre nel Manga il trattato è il veicolo per un massiccio recupero del linguaggio desueto e per l’approdo in non-luoghi fantastici, in Alice Ceresa è la chiave per rendere il linguaggio riflessivo fino all’estremo per osservare il comportamento di un ipotetico personaggio. Invece del fantastico si affaccia qui un tema “represso”: la questione femminile. Continua a leggere Nell’anno con il 3: “La figlia prodiga” di Alice Ceresa

Nell’anno con il 3: “Il gazzarra” di Massimo Ferretti

Ragazzi, è cominciato l’anno con il 3 in cui solitamente c’è licenza di parlar d’avanguardia senza tema di essere guardati come retrogradi dinosauri e ciò grazie all’anniversario del Gruppo 63, questa volta sessantennale. Per quanto mi riguarda, dell’argomento ho scritto abbastanza – forse troppo – nel corso degli anni, però qualcosa mi è sfuggita, onde per ammenda ho deciso di affrontare nel blog lungo tutto l’anno, uno al mese, gli autori e i relativi testi trascurati (che poi si trasferiranno tra i profili della sezione degli Autori). Ecco intanto il primo.

Massimo Ferretti, Il gazzarra

Il gazzarra, pubblicato da Feltrinelli nel settembre 1965, rappresenta il salto di Massimo Ferretti nel romanzo sperimentale, avvenuto abbastanza bruscamente: solo poco prima infatti, nel 1963, l’autore aveva dato alle stampe le poesie di Allergia e il romanzo Rodrigo – quest’ultimo , pur avendo già una scrittura molto “a scatti”, era impostato piuttosto come “romanzo della crisi” con sfumature esistenziali. Ma proprio nel ’63 un brano del Gazzarra veniva letto alla riunione di quel Gruppo che dal 63 prende il nome, e questo costituiva per altro una operazione di distacco dal primo mentore Pasolini. Al successivo convegno palermitano dedicato al romanzo sperimentale, svoltosi in una data settembrina curiosamente coincidente con l’uscita del Gazzarra (il convegno si chiude il 6, il finito di stampare è segnato al 7), Ferretti non partecipa direttamente e tuttavia invia un intervento di sostanziale adesione alla linea “sperimentale”, non tanto come pratica distruttiva, ma piuttosto come «attività “fabbrile” e paziente» di un vitale «organismo linguistico». Continua a leggere Nell’anno con il 3: “Il gazzarra” di Massimo Ferretti

Spatola a Siena

Maggio, mese dei convegni. Dopo quello di Pescara su Giuliani, eccomi a Siena il 18 per ragionare attorno a Adriano Spatola. Il convegno è stato organizzato per festeggiare la ripubblicazione de L’oblò nelle edizioni Diaforia di Daniele Poletti. Dopo la voluminosa pubblicazione dell’opera poetica (Opera), ora, in una veste grafica sempre molto creativa, il nuovo Oblò inaugura una collana che dovrà accogliere, oltre ad altre opere spatoliane, anche lavori che tengano fede alla tendenza (come l’editore ha spiegato) della scrittura della complessità.
La giornata di studi è stata densa di numerose relazioni ed è stata accompagnata da una mostra di opere visive di Spatola e da una serata performativa. In quanto autore multimediale della poesia totale, Spatola si prestava ad essere affrontato da diverse prospettive e da diversi campi disciplinari (critica letteraria, critica d’arte, comunicazione, ecc.). Quindi, non si è parlato solo di Oblò (che è prosa sperimentale) e nemmeno soltanto di poesia, ma anche dell’aspetto visivo dentro e oltre la scrittura, del concretismo, della performance, ecc. Molto interessante è stato poi l’incontro tra studiosi e interpreti di generazioni diverse e occorre sottolineare il fatto che il convegno era organizzato da LALS, un gruppo di giovani bravissimi, attivi in margine all’Università di Siena. Continua a leggere Spatola a Siena

Per Giulia

Nei giorni successivi alla sua scomparsa, ho visto che molti lettori hanno aperto la scheda su Giulia Niccolai presente nel mio archivio. Questo mi ha fatto piacere, ma ritengo doveroso dare nuovamente una testimonianza e un saluto.
Sono entrato in contatto molto presto con Giulia, quando, per una ricerca sull’avanguardia, mi ha spedito i suoi libretti: Poema & oggetto, visivo e concettuale, con l’inserimento straniante di quello spillo reale accanto a quelli rappresentati; Greenwich, con quelle deliziose poesie formate con i nomi geografici (e l’indimenticabile aznavourismo: «Como è trieste Venezia»…). In quel pacchetto di piccoli volumi di Geiger doveva esserci anche quello delle ballate, contenente un altro pezzo forte, Harry’s Bar, con le sue vertiginose variazioni dell’equivocità plurilinguistica. Continua a leggere Per Giulia

Il teatro della neoavanguardia

Notizie dall’America: è uscito per l’editore University of Toronto Press il libro di Gianluca Rizzo Poetry on stage. The theatre of the Italian neo-avant-garde. Il teatro della neoavanguardia italiana: che un libro su un nostro movimento artistico esca dall’altra parte dell’Oceano la dice lunga sulla miopia della critica indigena, che lo trascura dedicandogli, al massimo, qualche frecciatina sulla sua “desuetudine”. Rizzo invece ha esplorato l’azione del Gruppo 63 con ampio spazio e addirittura a partire da un aspetto apparentemente secondario e tuttavia rilevante come gli esperimenti di tipo teatrale, accompagnando l’indagine storica con la convinzione che i problemi cui rispondeva la neoavanguardia non sono poi molto diversi dall’oggi.
Il libro è organizzato in una serie di capitoli che riguardano: prima di tutto gli spettacoli degli autori del Gruppo 63 organizzati a margine delle iniziative collettive (uno spettacolo accompagnò proprio, nel 1963, il convegno fondativo di Palermo); poi il confronto con l’avanguardia teatrale dell’epoca (da Carmelo Bene a Ricci, a Quartucci, a Scabia: di uno spettacolo di quest’ultimo è l’immagine in testa a questo articolo); inoltre il libro procede a vari sondaggi sul teatro di Pagliarani (da un incontro con lui ha preso slancio la ricerca), di Porta, Giuliani, Celli; altri (interessanti approfondimenti riguardano i rifacimenti dell’Ubu roi e del Faust); e infine il libro si chiude con le interviste originali a Valentina Valentini, Pippo Di Marca, Nanni Balestrini e Giuliano Scabia.

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