Proseguendo nell’esame dei problemi dell’ideologia, una delle modalità più frequenti che si incontrano nel dibattito al riguardo è quella che la considera come discorso falso. Menzogna consapevole, che si ritrova oggi nelle fake news, facilmente inseribili nel gran mare di internet; o menzogna inconscia, per così dire, nella “falsa coscienza”, indicata molto spesso nella tradizione marxista come luogo in cui s’installa l’ideologia. Falsa coscienza, o anche errato calcolo di interesse, come quello dello svantaggiato che confida in un governo destrorso. Il primo caso sembra più semplice: basta una verifica, un controllo dei dati in base a una oggettività condivisa o condivisibile. Il secondo è meno semplice: occorre una controdimostrazione capace di scalfire un convincimento a volte assai profondo e radicato. Continua a leggere Ideologia e menzogna
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Progetto ideologia: i primi e ultimi rovesciamenti
Negli ultimi tempi mi sono messo a ripassare l’ideologia. Qualcuno dirà ch’è fatica sprecata, in quanto è un problema del passato, ormai fuori moda altrettanto del marxismo che ci s’arrovellò. Ma tant’è, si vede che da anziani vien voglia di guardarsi indietro e pazienza se continuo a essere attratto dalle cause perse. Insomma, ho iniziato una ricerca, cioè una rilettura di tutto il dibattito, un lavoro ancora in corso perché uno tira l’altro e non si finisce più. Di finire, in questo caso, non c’è alcuna fretta, in quanto il materiale raccolto e elaborato non necessariamente è destinato a diventare un libro, tanto è altamente improbabile che un editore desideri darlo alle stampe, questo sunto di vecchie storie. Perciò andrò avanti passo per passo a saggiare le discussioni pregresse con l’occhio attento se con l’ideologia casomai avessimo ancora a che fare.
Intanto, a latere degli autori, mi sorgono com’è normale delle domande trasversali. Allora, senza dover aspettare di aver terminato il ripasso, ho pensato di aprire un piccolo spazio su “Critica integrale” per affrontare questi interrogativi quando si presentano. In fondo vedo che i miei tentativi di definizioni teoriche sono abbastanza seguiti (un particolare successo ha avuto quello sul grottesco, non ho ancora capito il motivo…) e quindi perché non dedicare un po’ di spazio anche a ridefinire l’ideologia? Solo che “cos’è l’ideologia” non si può dire in un unico articolo e mi vedo costretto a iniziarne una serie, cominciando dalla parola stessa e dai suoi primi e ultimi “rovesciamenti” di significato. Continua a leggere Progetto ideologia: i primi e ultimi rovesciamenti
E l’intenzione dell’autore?
Un pregiudizio molto tenace nelle cose letterarie è quello che vi vede una esigenza “espressiva”. Poesia o prosa che sia, l’importante è che ci sia sempre dietro un qualcuno che ha sentito il bisogno di dire e di dire agli altri qualcosa che lo riguarda profondamente. Nello scritto una interiorità intima si è estrovertita, quasi per forza propria. Da ciò discende l’idea di leggere per fare la conoscenza di un autore/autrice, che ha posto la sua identità personale in primo piano rispetto alle questioni di modo, stile o scrittura. L’autore/autrice diventa indispensabile: infatti, cosa servirebbe partecipare alla vita di qualcuno che non si sa chi è? Per fortuna, i testi anonimi sono rari e gli stessi pseudonimi appaiono più che altro una trovata pubblicitaria, per scatenare accanite ricerche. E però c’è da chiedersi: cosa cambia se l’autore è un altro? Cosa cambia se si scoprisse che Shakespeare era John Florio o che Elena Ferrante è un maschio? Per giunta, l’industria editoriale ha incentivato gli interventi di editing, per cui una parte di quella espressione autoriale presunta autentica potrebbe essere parto dell’editor. Allora: con chi stiamo empatizzando qui?
A volte, è vero, l’intenzionalità dell’autore è stata enunciata nero su bianco, nei casi di poetica esplicita. Ma anche in questo caso può insinuarsi il dubbio: fino a che punto la dichiarazione dell’autore fa testo? Personalmente sono portato ad apprezzare l’autore consapevole, che sa quello che fa, ma non è possibile che tenga sotto controllo tutti gli effetti. Se così fosse, la critica potrebbe essere congedata; invece l’interprete può vedere meglio dell’autore, non fosse altro per la distanza temporale che gli consente di capire il rapporto tra l’epoca del testo e il nuovo presente dell’interpretazione che non poteva essere previsto nelle intenzioni di partenza. Continua a leggere E l’intenzione dell’autore?
Modernità e dissonanza
A fondamento dell’estetica classica c’è la repressione del discordante: basta vedere l’attacco dell’Ars poetica di Orazio e il suo rifiuto dei mostri, la testa umana sul collo di un cavallo o la donna con la coda di pesce. Sarebbero congiunzioni inconseguenti e disdicevoli, modi orribili e destinati al ridicolo (“sapreste, amici, trattenere le risa?”). Sarebbero improprietà, anomalie, accoppiamenti non conformi; séguiti che non consuonano con quanto li precede.
Per un sacco di tempo – e, c’è da scommetterlo, ancora oggi – l’armonia è assurta a valore estetico preminente, accompagnata dalle sue consorelle proporzione, parallelismo, simmetria. In esse c’è la promessa della ripetizione e il piacere del ritrovamento regolare dell’identico che esorcizza il timore della perdita (vedi anche, in Freud, il bambino con quel rocchetto che va e che torna). Il ritmo elementare di tensione e distensione, simile al respiro, al battito del cuore. Effettivamente, pare che il nostro stesso corpo coincida con questa funzione di alternanza confermativa.
Dunque la dissonanza è esclusa? Sarebbe soltanto un passo falso, un’aritmia, una stonatura, una patologia insomma nell’universalmente umano dell’armonia? Continua a leggere Modernità e dissonanza
A favore dello stile
Praticata sempre meno l’analisi del testo (ma di questo parlerò in altra occasione), l’approccio letterario appare sempre più abbandonato alla descrizione biografica o alle impostazioni morali-contenutistiche magari con risvolti empatici. Un estremo fronte di resistenza della prospettiva linguistica – dato che alla fine un testo qualsivoglia è fatto di parole – è rimasto lo stile, che ancora da varie parti riscuote qualche consenso. Forse perché, al contrario delle pretese scientifico-oggettivistiche del passato, è una nozione più flessibile e più adattabile alle pratiche della critica letteraria. E forse anche perché, in Italia, uno dei principali critici novecenteschi è proprio uno stilcritico come Gianfranco Contini. E a livello europeo c’è stato un Auerbach che tra l’altro ha saputo contemperare nel suo capolavoro, Mimesis, l’attenzione al linguaggio con l’orizzonte delle grandi epoche storiche. Insomma, la stilistica pare ancora godere, nei limiti del possibile, di buona salute. Continua a leggere A favore dello stile
Il senso del nonsense
Apparentemente il nonsense è il contrario dell’allegoria. Quanto quella promette di arrivare a un senso, sia pure dopo complessi e tortuosi percorsi, tanto questo invece lo nega e lo cancella, nella propria stessa denominazione. Se guardiamo bene, però, il nonsense risulta coinvolto in una opposizione ancora più netta. Poiché la sua giustificazione più prossima è quella del gioco, eccolo allora schierato e in modo radicale in contrasto alla serietà. Tutto ciò che di saggio, adulto, drammatico, tragico o sentimentale è attribuito all’ambito letterario viene annullato dal nonsense. Il Messaggio con la maiuscola è proprio ciò che si trova ai suoi antipodi.
Si potrebbe parlare con Francesco Orlando di “ritorno del represso” e di un escamotage per poter fare in modo consapevole e riverito sotto le bandiere dell’arte e della letteratura quelle libere manipolazioni con il linguaggio che si facevano da bambini. È precisamente il “ritorno del represso nella forma”. Il piacere originario che l’infante si prende con le parole torna a galla un po’ in tutta l’istituzione poetica (le cui regole sono sostanzialmente, “regole del gioco”), ma in modo più eccessivo ed eversivo proprio nel nonsense. Continua a leggere Il senso del nonsense