Nei giorni successivi alla sua scomparsa, ho visto che molti lettori hanno aperto la scheda su Giulia Niccolai presente nel mio archivio. Questo mi ha fatto piacere, ma ritengo doveroso dare nuovamente una testimonianza e un saluto.
Sono entrato in contatto molto presto con Giulia, quando, per una ricerca sull’avanguardia, mi ha spedito i suoi libretti: Poema & oggetto, visivo e concettuale, con l’inserimento straniante di quello spillo reale accanto a quelli rappresentati; Greenwich, con quelle deliziose poesie formate con i nomi geografici (e l’indimenticabile aznavourismo: «Como è trieste Venezia»…). In quel pacchetto di piccoli volumi di Geiger doveva esserci anche quello delle ballate, contenente un altro pezzo forte, Harry’s Bar, con le sue vertiginose variazioni dell’equivocità plurilinguistica.
Nelle diverse linee del Gruppo 63, Giulia Niccolai potrebbe essere presa in forza nel neodadaismo (consuonando con alcune cose di Costa e anche di Balestrini), ma a patto che si indichino anche le ascendenze più lontane nella patafisica e il nume tutelare del nonsense Carroll e naturalmente il suo Humpty Dumpty. Con i poeti verbovisivi – e principalmente con Spatola – Giulia ha avuto in comune l’allargamento dei confini della poesia verso l’immagine e la performance, senza però alcuna pretesa oracolare, contando sulle risorse dinamiche dell’ironia e dell’abbassamento. Se c’è qualcosa di ludico (e indubbiamente c’è) è soprattutto nel mettere in gioco una poesia destituita irreversibilmente di iniziale maiuscola.
Una grande verve, una presenza dirompente dimostrava Giulia quando l’ho conosciuta di persona, all’inizio degli anni Ottanta, nella serie di incontri in via Giulia (Giulia in via Giulia! questo le deve essere piaciuto molto) dove presentò alcune performance decisamente divertenti, quella con la bocca riempita di fazzoletti, Cappuccetto Rosso, e altre. L’ho sentita vicinissima nell’idea che il comico è sempre meglio del tragico e che di fronte al Grande Stile, che in quel periodo stava tornando in auge, è opportuna una risata contagiosa. D’altra parte, anche il suo “spiritualismo” è sempre rimasto “spiritoso”…
Poco dopo sono arrivati i Frisbees e in quella forma Giulia ha trovato la sua cifra più personale e peculiare che si è prolungata ancora nel periodo della monacazione buddista. Se la guardiamo con attenzione, la forma-frisbee contiene alcuni aspetti rilevanti: non solo il riferimento a un gioco che si fa lanciando un oggetto e che quindi suggerisce l’idea di un testo breve e intenso, tutto raccolto nel suo atto, in attesa del rilancio successivo; e non solo l’impermanenza “libera” della poesia legata al “caso” e all’“occasione”: ma soprattutto la “trovata”, intesa proprio nel senso del trovare. Il Freesbe infatti è frutto di intuizione istantanea, ma tale intuizione invece di provenire dall’intimo dell’animo (come suppone la poesia idealista), si manifesta e si impone all’attenzione arrivando dall’esterno, dal mondo della vita, in modo imprevedibile.
C’è bisogno di un esempio, e questo è ottimo:
Letto sulla vetrina
del negozio di ferramenta
in allestimento sotto casa
PROSSIMA
APERTURA
CHIAVI
SERRATURE
Che siano ladri?
A questo punto chi è il soggetto autore? L’autore da tanto magnificato creatore diventa il portavoce al servizio di quello che i surrealisti chiamavano hasard objectif. Giulia scriveva: «Le mie poesie più note sono tutte di altri». Ed è proprio così: è come se l’arte fosse già pronta, prodotta oggettivamente senza saperlo, e non restasse altro da fare che saperla vedere, riconoscerla, raccoglierla ed esplicitarla. I Frisbees sono appunto questo lavoro di ricerca, ma soprattutto di ascolto perché la sorpresa può arrivare in qualunque momento e da qualunque parte. Il libro si farà per così dire da sé, attraverso la collezione di strane coincidenze, di battute fulminanti, di lapsus memorabili.
Si veda questo nonsense sui nomi di due personaggi allora in cima alle cronache:
Poesia fonetica polacca:
Uauensa uoitiua?
Uoitiua uauensa?
Uoi ua uensa tiua?
Tiua uensa ua uoi?
Ecc. Ecc.
Ma, se il mondo è pieno di giochi linguistici, di paradossi e di stranezze varie, a quel punto il decreto di impossibilità dell’avanguardia si rovescia, nel senso che è impossibile che non ci sia. Questa infine mi sembra la lezione “produttiva” che ci lascia il suo esoterico biliardo, il misticismo gioioso e giocoso di Giulia Niccolai. Grazie, Giulia.
27/06/2021
Bellissima Francesco!!!
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