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Žižek e i paradossi della libertà

Tra le star internazionali della teoria, Slavoj Žižek è uno dei più prolifici, tanto da rendere difficile seguirlo in tutte le sue performance – e anche, non ultimo, trovargli posto in libreria dalla parti della lettera “Z” che ha ormai riempita… È anche uno dei più estrosi: vitando ormai l’andamento trattatistico in odio alla sistematicità, il territorio del saggio – già di per sé genere di confine – viene ulteriormente virato verso zone impreviste, per cui accanto ai giganti filosofici può spuntare, ugualmente probatorio, un film di ultima generazione. Una saggistica Pop, uno stato argomentativo davvero fluido pieno di variazioni e digressioni, piacevole da seguire ma scomodo da riassumere, anche a conoscerne i presupposti (Hegel, Lacan fra tutti), hai voglia a ritornare sui suoi passi, ma non se ne rintraccia l’affermazione univoca.
Un suo lavoro recente – non dico l’ultimo pubblicato in Italia, perché magari nel frattempo… – è questo sulla libertà, intitolato Libertà, una malattia incurabile, edito da Ponte alle Grazie con l’accurata traduzione del poeta e scrittore Vincenzo Ostuni. Continua a leggere Žižek e i paradossi della libertà

I seminari della LUNA: l’allegoria in Sanguineti

Per i seminari della LUNA si avvicina la pausa estiva. L’ultimo seminario ha completato il ciclo sull’allegoria analizzandone la presenza nella poesia di Edoardo Sanguineti. In apparenza, la poesia sanguinetiana non presenta allegorie evidenti o almeno non del tipo tradizionale. La prima fase di Laborintus è giocata sulla profluvie di frantumi culturali e sulla costruzione dell’incongruo e dell’eterogeneo; la seconda è riassunta nella poetica del “piccolo fatto vero”, quindi sull’aneddoto vissuto. E però, il richiamo del Sanguineti teorico all’allegoria benjaminiana può mettere sull’avviso che un qualche allegorismo di specie originale vi si trovi. Magari nella stessa tecnica del montaggio, nella autoironia straniante o negli sviluppi dell’aneddoto stesso.
Chi volesse seguire il seminario lo trova qui:

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Dal Lab-Oratorio di Carmine Lubrano

Oltre a un grande quaderno sulla Avanguardia permanente. Il sabotaggio barocco, che ospita interventi di Paolo Allegrezza, Francesco Aprile, Gaetano delli Santi, Giovanni Fontana, Sandro Sproccati, il sottoscritto e naturalmente l’autore-editore Carmine Lubrano, il Lab-Oratorio di “Terra del Fuoco” ha pubblicato altri due libri di rilievo: il saggio di Francesco Aprile, “Terza ondata”. Ieri e oggi: contesti e pratiche, e soprattutto un nuovo libro di poesie di Lubrano stesso, Yakamoz, smisturata maraviglia.
Quello di Lubrano è davvero un “poema interminabile” (come si legge a un certo punto, «questo libro che non sa ultimarsi mai»). Complice l’impaginazione, non si è mai del tutto sicuri se ci si trovi in un nuovo componimento o in una ulteriore sezione o continuazione. In ogni caso, sia come sia, il testo è sostenuto e continuamente ravvivato da una spinta inesausta, per così dire, erotico-verbale e dal ritmo di una affabulazione trascinante. Gli assicurano continuità concatenazioni associative di significato e di suono: le rime e le paronomasie liberamente dislocate (tipo: «un garbuglio congelato in pieno luglio / scompiglio a più non posso fesso nel fosso»). Continua a leggere Dal Lab-Oratorio di Carmine Lubrano

Giorgio Moio va “al fronte”

Poesia visiva e poesia lineare si possono disporre in un chiasma. Da un lato la poesia visiva utilizza come materiali parole e lettere incentivandone il valore grafico e magari ritagliandole come materiali visivi tra gli altri da assemblare in collage; dall’altro lato la poesia lineare può non esserlo poi tanto – lineare, dico – e spostare le sue linee in modo da occupare diverse posizioni, lasciare spazi bianchi, operare sui caratteri, e così via. Entrambe le operazioni sono unite dall’intenzione di strappare il lettore dalla consueta e abitudinaria percezione del linguaggio.
Di un simile chiasma approfitta da par suo Giorgio Moio nella recente pubblicazione di Testo al fronte, edito da Bertoni sul finire dell’anno appena terminato. E l’affrontamento cui allude il titolo è realizzato per l’appunto mediante l’alternanza di poesia visiva e poesia lineare che – con le interferenze che si sono dette – si danno il cambio rispettivamente alle pagine pari e a quelle dispari. Continua a leggere Giorgio Moio va “al fronte”

Delli Santi, i conflitti del Barocco

Gaetano delli Santi, scrittore e artista, ha completato il suo “trittico teorico”, dopo i libri sull’Espressionismo e sul Plurilinguismo, tornando sul Barocco che aveva già affrontato nel 2006 nello splendido saggio sulla Forza generativa del Barocco. Nel nuovo approccio, ancora una volta a cura dell’editore milanese D’Ambrosio, il titolo è Conflitti del Barocco.
Si tratta di un saggio decisamente fuori del comune, che si segnala per alcuni inusuali aspetti qualificanti. Punto primo, l’esuberanza cronologica antiaccademica: dotato di una erudizione notevolissima, l’autore è però assai lontano dal procedere lineare degli storici dell’arte, nonché da qualsiasi contemplazione dei cosiddetti capolavori. È invece autore di una continua raggera di collegamenti che unisce l’operare artistico del Seicento alle prove più moderne. In buona sostanza il Barocco è interpretato come la prima avanguardia (in questo si pone sulla scia di Walter Benjamin e del suo libro che fu bocciato, non a caso, alla libera docenza). Così non ci si deve stupire di trovare Mallarmé e Giacometti accanto a Bernini e Bruno, in quanto li investe la stessa corrente propositiva ed estetica che attraversa l’intero saggio. Si rammenti che proprio Giordano Bruno era il protagonista di uno dei testi principali di delli Santi, il Fra’ Giordano Bruno redivivo (2001, anch’esso editore D’Ambrosio, realizzato poi in teatro e in film), dove la figura contestativa del grande eretico veniva attualizzata contro il potere e le sue ideologie vecchie e nuove. Continua a leggere Delli Santi, i conflitti del Barocco

Riapparso un fagiano a New York

Nelle giornate dell’11-12-13 novembre 2022, si  è tenuto a New York presso la Casa Italiana Zerilli-Marimò (in collaborazione con New York University  e Istituto Italiano di Cultura) un incontro tra poeti italiani e statunitensi. L’incontro,  ideato da Luigi Ballerini, recava il titolo The Re-appearing Pheasant.
Cosa c’entra un fagiano con la poesia? Proviene dagli Adagia di Wallace Stevens: «Poetry is a pheasant disappearing in the brush». Già nel 1991 Ballerini si era ispirato a quell’aforisma per invitare al dibattito autori delle due sponde dell’Oceano: nell’occasione  la discussione trovò il suo fulcro attorno al termine “avanguardia” (forse era proprio lei il fagiano che stava sparendo tra i cespugli?). A distanza di una trentina d’anni, Ballerini ha rinnovato la proposta del colloquio inter-continentale invertendo però il suo titolo: The Re-appearing Pheasant. Insomma, il fagiano che riappare sarà un qualche nuovo segnale o sintomo di vitalità in versi? L’interrogativo è stato valutato nel corso del confronto che ha previsto letture di testi con traduzione, relazioni e tavole rotonde. Segnalo anche la conclusione, ieri 13 novembre, con il concerto di Diego Minciacchi.
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