Michele Fianco, Un semplicissimo universo inespanso

Michele Fianco, Un semplicissimo universo inespanso, Nino Aragno editore.

Michele Fianco ci presenta, nella elegante collana “i domani” dell’editore Nino Aragno, una mappa del suo percorso di scrittura attraverso i brani più significativi, che sarebbero un po’ i suoi “classici”, seguendo la sequenza delle raccolte, alle quali ‒ attraverso la titolazione delle sezioni ‒ attribuisce una dimensione addirittura cosmica, come vedremo. È dunque l’occasione propizia per tornare a ragionare ‒ come faccio da un certo tempo ‒ sul particolare tono di questo autore (il tono-Fianco) che non si lascia facilmente catalogare né con le categorie di avanguardia e simili, ma neppure con quelle ormai comunemente invalse dell’emozione soggettiva e della lirica di ritorno.
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L’ARISTOCRITICO

Mi sono sentito tirato in causa dal recente dibattito sulle élites. E non solo perché sono presenti nella classificazione indicata da Baricco almeno due categorie che mi si addicono, l’insegnate universitario e “quelli che hanno in casa più di 500 libri”. Lasciamo stare le classificazioni, con esse si rischia di finire in un coacervo assurdo sul tipo della antologia cinese immaginata umoristicamente da Borges (L’idioma analitico di John Wilkins, in Altre inquisizioni) che divide gli animali in gruppi stravaganti, ad esempio: «disegnati con un pennello finissimo di pelo di cammello, che hanno rotto il vaso, che da lontano sembrano mosche». È troppo facile smontarle, le classificazioni: per esempio, in questo caso, dimostrare che un docente che non ha fatto carriera non è assolutamente paragonabile a un imprenditore o a “quelli che stanno nei consigli di amministrazione”.

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La favola dei porti chiusi

C’era un’altra volta, in un reame che non saprei, un ministro molto preoccupato che nessuno entrasse nel suo paese. E poiché gli pareva che molte facce strane arrivassero via mare, decise un bel giorno di chiudere i porti. Fece costruire all’uopo dei grandi cancelli, in modo che l’acqua potesse passare ma non le barche degli odiosi invasori.

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