Per solito la fantascienza ha immaginato prodigi tecnologici e straordinarie novità nell’ambito dei trasporti e delle telecomunicazioni (capaci di coprire distanze “astronomiche”) ed ha anche presentato un campionario sterminato nel campo della robotica (androidi e compagnia per tutti i gusti), ma poco ha pronosticato a proposito dell’istruzione, delle scuole del futuro e delle loro insegnanti. A riempire la lacuna, anzi a “supplire” (per usare un verbo adatto al ruolo docente) questa mancanza, ci ha pensato Alfonso Lentini con il suo libro di racconti Le professoresse meccaniche e altre storie di scuola, edito da Graphofeel.
Racconti separati e a sé stanti, ma attraversati tutti dallo stesso filo, cioè la proiezione dei problemi della scuola nel lontano futuro, o piuttosto nei futuri, perché ogni brano reinventa il proprio mondo, non si sa mai bene se in epoche o addirittura in pianeti diversi. Assenti le precise coordinate di spazio e tempo, sembra quasi che ogni racconto nasca come una specie di sogno (o incubo) di un professore stremato dagli scrutini…
Ciò che meno appare mutato in queste scuole a venire sono gli alunni. Molto vivaci, a volte persino troppo, spesso volenterosi, in qualche caso ancora impauriti dallo spettro della bocciatura. Come suggerisce il titolo, qualche novità in più tocca ai professori e in particolare alle professoresse, sostituite da ginoidi artificiali:
Eh, le Professoresse Meccaniche! Quelle furono introdotte dopo che il progetto presentato dalla nostra scuola fu esaminato e approvato dalla Comunità Europea, dal Gran Priorato, dal Collegio dei Periti, dalla Parrocchia di Santa Paoletta, dal Consorzio dei Servizi Ipodermici e financo dalla Proloco. Ce ne volle, altroché, ma alla fine giunse l’assenso e i nostri tecnici si dettero da fare in un fiat.
Di “docentoidi” e ne trovano anche altri meno aggraziati, dotati di corpaccioni decisamente alieni (proboscidati, con centinaia di occhi che “germogliano a grappoli” per essere poi “riassorbiti”, con una voce “gloglottante” ‒ così il professor Cotiledone). Gli insegnanti si impegnano, gli tocca magari inseguire gli allievi che «sono saette, filano, rimbalzano sulle pareti dei cieli». Si danno da fare, questi professori del futuro, questi “fantadocenti”, cercando di fare lezione, di difendersi dagli scolari aggressivi – magari, è vero, si addormentano sul più bello del compito in classe:
Che volete, era primavera, il tepore profumato dell’aria filtrava in abbondanza dalla finestra aperta. Qualche insetto tracciava nel vuoto traiettorie argentate. E fu proprio il ronzare di un moscone, così barbiturico, ad avvolgerlo di torpore, mentre gli allievi erano chini sul foglio per l’esercitazione scritta.
Magari sono accuditi da graziose e seducenti “bidelle volanti” (cosa non ti fa il progresso!). Quello che davvero è cambiato, nei futuri di Lentini, sono le materie di insegnamento, oggi improponibili: roba come Archeomatematica delle Api, Fenomenologia dell’Invisibile, Volo sotterraneo, Brividologia, Meccanica Allegorica, Cromatismo Morale, Lucore Lunare e via di questo passo.
Bisogna ricordare che Alfonso Lentini è autore che ha costeggiato l’area sperimentale (era incluso negli anni Novanta tra gli scrittori della Terza Ondata) e ancora qui lavora di straniamento riproponendo in veste di fantastico e di assurdo i problemi dell’insegnamento, con un po’ di onirico e un po’ di realismo magico (Lentini vive e lavora a Belluno, dove risente dell’effetto-Buzzati), mettendo in gioco anche il bagaglio culturale-letterario. Sì, perché in questi mondi prossimi venturi i nostri grandi classici potrebbero aver subito qualche inopinata trasformazione:
Andava avanti a parlarci di quel signor Leopardi che aveva vissuto a lungo e che ancora all’età di 107 anni era capace di scrivere poesie sulla luna e su altri argomenti. Purtroppo l’intero corpo delle sue opere era andato perduto per colpa di un hacker o di un virus che aveva distrutto tutti i file, facendoli scomparire dalle biblioteche online e da tutta la rete, come del resto quasi tutte le poesie degli altri autori antichi. Solo alcuni versi, dei frammenti, si erano salvati, vergati col gesso, ma ormai quasi illeggibili, su qualche antica lavagna. Oppure grazie al fatto che alcuni bizzarri personaggi avevano imparato a memoria dei brani e addirittura li avevano trascritti, come si faceva una volta, su dei foglietti volanti o dipinti con i colori per stoffa su magliette o foulard. «Dolce e chiara è la lotta, e senza tempo»: questo ad esempio era l’incipit di una poesia di Leopardi che pare fosse un’esaltazione della guerra.
Il tono dei racconti inclina alla parodia e al registro comico, con punte davvero esilaranti. E tuttavia non manca di derogare verso lo humour nero e di far prendere al futuro una brutta piega, dall’utopia alla distopia: e avremo allora i panorami di guerra perpetua, il bambino prodigio addestrato a killer, perfino un buco nero che si ingoia tutto un mondo «leccandosi poi i baffi compiaciuto e appagato». Inoltre una vena erotica attraversa molti dei racconti, forse a fare emergere il maggior represso dell’istituzione scolastica. Sublimandosi, però, sempre, perché di scrittura si tratta. Ad esempio con il corpo scritto; qui siamo a contatto con una meravigliosa inibizione di stampo surrealista:
Rivoltandola da ogni lato, passai la notte a ricoprirla interamente. Scrivevo frasi meravigliose, filastrocche lunari, delicate canzoni da balera, riflessioni sognanti, antiche cantilene, brani di romanzo, poemi dolcissimi e struggenti. Infilavo la punta della mia penna in tutte le pieghe del suo corpo e quando, verso l’alba, scrissi vampate di parole nella parte più interna delle sue cosce, lei era eccitatissima, ansimava affannosamente quasi gridando. Credo che ebbe un orgasmo, se il suo respiro, dopo, si fece silenzioso e sembrava che dormisse.
Silveria era ormai tutta scritta. Non rimaneva il più piccolo spazio sulla sua pelle, persino le palpebre, persino le labbra, l’interno delle orecchie, la pianta dei piedi, l’ano.
Ricoperta di parole, era ancora più bella.
Di volta in volta, di futuro in futuro, di aula in aula, l’importante è il momento della sorpresa, che tiene sempre sveglio il lettore per coinvolgerlo in una lezione di intelligenza.