Di Adriano Spatola si è già parlato varie volte in questo sito; vedi la scheda tra gli Autori e anche la lettura de L’ora dell’aperitivo in Katakino; nonché l’articolo Attorno a Spatola. Ora, do notizia di un’altra uscita che riguarda il materiale sonoro dell’autore.
Adriano Spatola, infatti, oltre che poeta legato al gruppo parasurrealista di “Malebolge”, narratore (L’oblò), autore di opera visive (Zeroglifici) è stato anche un poeta sonoro e performer straordinario. La pubblicazione curata da Giovanni Fontana con il titolo Ionisation contiene in disco la registrazione di alcune delle principali performance spatoliane. L’opera edita da Recital edizioni, è reperibile dal sito https://www.anost.net/en/Labels/Recital/
Il disco è accompagnato da un opuscolo che presenta tra le altre cose la riproduzione di alcuni Zeroglifici. Vi sono inoltre, materiali introduttivi in lingua inglese. La prefazione di Giovanni Fontana s’intitola Adriano Spatola: total poet e serve a far entrare l’ascoltatore nel progetto che anima le diverse direzioni di questa ricerca. Scrive Fontana (per comodità del lettore, cito qui dalla versione italiana del saggio):
Adriano Spatola, poeta, teorico e critico della neoavanguardia italiana, è stato un sovvertitore di modelli linguistici ed espressivi, sia nell’ambito poetico cosiddetto lineare, sia nel settore performativo, sonoro e visivo. Il suo progetto poetico tendeva ad una dimensione totalizzante. Nel suo fondamentale saggio Verso la poesia totale egli indica chiaramente la vastità e la complessità di una ricerca simile, che ponendosi al di là di qualsiasi limitazione di tipo linguistico, strutturale, metodologico, tecnico, disciplinare o mediatico procede verso la totalità, organizzandosi come atto inglobante. Cosicché ogni aspetto coinvolto nel gesto creativo deve essere inteso come mezzo e non come fine. Egli scrive che la poesia “cerca oggi di farsi medium totale, di sfuggire a ogni limitazione, di inglobare teatro, fotografia, musica, pittura, arte tipografica, tecniche cinematografiche e ogni altro aspetto della cultura, in un’aspirazione utopistica al ritorno alle origini”. Così, da attento osservatore del panorama intermediale, il poeta registra nel suo libro, un utilissimo studio sulle “posizioni” delle ricerche in atto, l’assoluta continuità, nella parola poetica, tra la dimensione visuale e quella sonora.
E ancora:
A trent’anni dalla scomparsa di Adriano Spatola, la sua lezione ci indica che le strade percorribili ancora oggi sono quelle caratterizzate dal forte atteggiamento critico, quelle che considerino a pieno la materialità del linguaggio, che sfuggano alle limitazioni del mercato, che sappiano ben distinguere tra multimedialità e intermedialità, che garantiscano sempre un’alternativa al sistema linguistico istituzionale, nel senso che sappiano costruire il linguaggio, così come diceva Max Bense: scrivere “significa costruire il linguaggio, non spiegarlo”.
Inoltre, viene riproposto al pubblico l’editoriale del secondo numero di Tam Tam (1972), dove Spatola risponde alle “reazioni negative” suscitate dal primo numero della sua rivista: e risponde, come deve, su entrambi i fronti, sia alle accuse di disimpegno che al montante ritorno all’ordine. In un momento di crisi delle avanguardie, pure il gruppo raccolto attorno a Spatola continua a ragionare di una poesia controcorrente e, alla fine dell’editoriale, compare l’invito a prestare attenzione alle «tecniche di poesia non vincolate alla linearità della scrittura».
Proprio di questa “fuoriuscita” dal supporto cartaceo sono il prodotto i brani audio presentati nel disco. Il connotato che li caratterizza è un aspetto ludico-ironico che diventò decisamente provocatorio quando, nell’estate romana di Piazza di Siena, Spatola accolto da mugugni si presentava al “pubblico della poesia”, già abbondantemente rifluito su idee di lirismo tradizionale.
Ma ludico fino a un certo punto: l’ascolto del disco suggerisce due aspetti principali dell’operazione: la voce assolutamente sporca e l’ossessività (in quasi tutti i brani minime frasi sono protratte all’infinito, fino allo sfinimento). Entrambi gli aspetti sono fortemente inestetici, a contestare la poesia come decoro o decorazione. Stanno invece nel segno di un rifiuto al Senso con la maiuscola, sostituito con una sorta di forza di inerzia corporea. Il brano che dà il titolo all’opera, Ionisation, ispirato a Varèse, è costituito per l’appunto da un ritmo di battute ottenute dal corpo stesso del poeta sonoro.
Offro qui, come esempio, questo brano: