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Un Dante di sguincio

Non si può evitare di parlare di Dante nell’anno anniversario. Tanto più che concordo sulla sua assoluta grandezza collocata all’ingresso della nostra letteratura. Il che non vuol dire apprezzare la valanga celebrativa dei cori estatici-estetici e dei megafoni ufficiali che ne trattano come fosse un prodotto del made-in-Italy da sponsorizzare. Invece delle sviolinate diciamo che Dante inaugura non solo la tradizione, ma in essa una linea che, nel prosieguo letterario, è risultata alternativa, in qualche modo un’antitradizione opposta a quella dominante, petrarchesca.
Personalmente, ho preferito, allora, prenderlo un po’ di sguincio, il nostro grande classico. E, ottemperando alla vocazione dello straniamento, guardarlo da una prospettiva esterna, vale a dire dalla riscrittura che ne ha fatto, nel mezzo del Novecento, il tedesco Peter Weiss. Il progetto teatrale di Weiss (posto tra il Marat/Sade e L’istruttoria) di proiettare Dante nel mondo contemporaneo è molto poco noto, ancorché pubblicato in traduzione da Mimesis. È rimasto incompleto, limitato com’è al solo Inferno; forse un segnale che quello è, incontestabilmente, il Dante più “espressionista”. Continua a leggere Un Dante di sguincio