Il convegno su Ballerini

È uscito il volume degli atti del convegno su Ballerini tenutosi a Pescara nel maggio 2019. Il libro, intitolato Il remo di Ulisse, saggi sulla poesia e la poetica di Luigi Ballerini è curato da Ugo Perolino che era stato l’organizzatore dell’incontro. L’editore è Marsilio.
Ballerini, esordiente a ridosso degli anni della neoavanguardia (è stato anche segretario di Pagliarani) è un esempio significativo di poesia “di ricerca” che è andata avanti senza retromarce anche negli anni del riflusso e della confusione poetica. Avvantaggiato dalla sua postazione defilata in USA (dove ha insegnato per tanti anni), Ballerini è autore di complessa struttura e di sfida al senso comune, di straordinaria inventiva spesso ironica tra associazioni sorprendenti e citazioni spiazzanti, innestate su una sintassi apparentemente discorsiva.
Più volte citato in “Critica integrale” si può anche ascoltare la sua voce nel seminario della LUNA a lui dedicato.

Un banco di prova anche per gli interpreti che si sono cimentati sui suoi testi. Oltre agli ex-allievi attivi in America (Beppe Cavatorta, Gianluca Rizzo e Federica Santini), sono presenti nel libro Cecilio Bello Minciacchi, Stefano Colangelo, Giorgio Patrizi, Tommaso Pomilio, insieme a chi scrive, mente Giulio Ferroni e Vincenzo Frungillo si occupano del poemetto Cefalonia. Nel cuore del volume, una testimonianza di Charles Traub documenta, anche con foto, un viaggio compiuto con l’autore.
Ugo Perolino introduce il volume, scrivendo, tra l’altro: «Fin dalle origini la poesia di Ballerini solleva una interrogazione radicale sulla costituzione del senso, cui l’eredità delle avanguardie novecentesche conferisce una struttura ostile a ogni chiusura, a ogni volontario ripiegamento su un ordine di significati acquisiti».
Il libro presenta in appendice una piccola antologia di testi poetici balleriniani. Niente di meglio di un esempio per capire su quale lunghezza d’onda si situi questo autore. Ho scelto Credo in un dio randagio (da una raccolta del 2010); una dichiarazione forte e chiara della scelta per la sorpresa e dispersione:

credo in un dio randagio, nauseato dalle cause, / che scompare a intervalli regolari, un dio assai / muscoloso, di statura media, che pesca e ripesca, / e a furia di pescare pesca un figlio che da grande / farà il pescatore di figli. Credo in un dio scavante, / silenzioso, che non dà il cane o altro sapido animale / da passeggio, o da grembo, in un dio incerto, incerato, / sovraímposto, che apre alcune danze bicostali, / bilingui, bisessuali. Credo in un dio scaraventante / che cammina sulle uova, un dio a ritroso che sta / davanti, che beve, che è sul punto di affogare

credo del pari nella posta in gioco, nella metà e nei / tre quarti del tutto, nel quasi subito e nel quasi tutto, / credo in chi non vede il trucco e, nulla sapendo / della morte, sostiene che sia come fare la fronda / segnalare la propria presenza nei dintorni e, anzi, / dentro il testo, fino in fondo, perché muoia, quel testo, / di stenti, e sia dunque la morte un uccidere l’altro / che ha scritto, che può tradurci in soggetto. Credo / nella comunione dei malefici, delle ipotesi stanziali / e nelle realtà di passo, credo nelle nudità incrociate / secondo l’aria che tira nella gestione dell’azzardo

e credo nella voce che fa parte dell’intrigo e dello / scatenarsi delle passioni più ignobili, e nel ritmo / dell’intarsio, nel musolungo degli eroi di stato / accecati da un’idea di ragione, credo nel sottovento, / ma con le onde contro, sotto e sopra, e di fianco, / col male in arnese che canta, che attacca i tacchi / a quelli che attaccano i tacchi, e alle tacchine, ai muli / frenetici, ai montoni di un mezzodì che cuoce cervello / e cuore. Credo nel jalous che ritorna e nel jongleur / che se la svigna, nella fatina (che frigna) e tiene pelo / largo e turchino, credo nel bambino che si nasconde / nella marionetta, e nella marionetta che si sgola / coram populo, o che recalcitra di buon mattino

perché qui non c’è Almagna (né Turchia né Spagna) / e la selva non è bianca e non è nera, e nemmeno / è di cera l’equazione di catenaccio e arma, di ghiaccio / che sgombra la metà campo e ombra da cui null’homo / può trarre dignità o sgomento, né può dargli lenimento / l’equanime rumore della perfezione, della cariatide umana / che s’accascia dopo avere creduto di riconoscere

perché non c’è tregua, in Almagna, dopo la vittoria / di chi aveva fatto (e fatto fare), su quelli che s’erano / messi in testa di farcela lo stesso, o magari di farsela / con uno, o con due, e insomma di non badare a spese

10/07/2021

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