Antonio Pinto, il poeta giullare

Il 9 novembre nel primo pomeriggio è scomparso Antonio Maria Pinto, dopo una lunga malattia e l’intervento finale del contagio di Covid. Antonio aveva al suo attivo una consistente produzione di versi, che si può leggere riunita nell’edizione di Tutte le poesie, pubblicata da Oèdipus nel 2018, dove si trova anche anche un consistente apparato critico sull’autore. La sua poetica era fondata sulla ripresa attualizzante del comico-giullaresco spesso attraverso la favolistica allegorica (con animali protagonisti) e la satira di ogni pretesa di superiorità e supponenza. Una operazione ricca di molteplici esperimenti e acrobazie formali e di una ricerca lessicale di incredibile vastità. Materiali e letture su Antonio si trovano in questo sito sia nella sezione Autori che in Katakino. In attesa di riprendere e approfondire più avanti il discorso critico, la cosa migliore, in questo momento di perdita, mi sembra riportare in una minima antologia la sua “voce” poetica.

ALLEGRO DA PIDOCCHIO

Allegro da pidocchio
sbicchiero nella ciocca
del ciompo pifferaro:
gli rendo il suono avaro,
la nota storta e tocca,
il canto tutto un ticchio.

Canzonelletta lesta
sermona a questa testa,
strappale perpescenza
e schiaffaci scemenza.

LA LINGUA LERCIA DEL GIULLARE SCASSA

E v’ ho narrato alfine d’animali
le favole bislacche, le favelle
e dei demòni forti saturnali

gli scherzi, le incacate bagattelle;
e riso avete o forse vomitato
sui versi sconci, sulle rime felle.

Tant’è, stronfianti gonzi, c’ho inchiodato
magliaro specchio sul bobolco naso
che sulla faccia avete appiccicato.

E forse alcune penne sado-maso
di caciottari e torti pappagalli,
vorranno biscazzare in volo raso.

Sarà il silenzio dei caduchi falli
e delle monachelle in tuta rossa
a dire che son veri i versi folli.

La lingua lercia del giullare scassa
la testa dei professi sapientoni
che credono che il mondo suoni fesso.

Ma fesso è il loro cuore di santoni
lontano dai deliri delle folle
che crepano ingollate dai buzzoni.

E se il giullare a morte condannato
sarà da pere cotte e mandarini
suo spettro tornerà e a peperini
farà il lor melone infracidato.

L’APE APRE APRILE

L’ape apre aprile appena può posarsi
sulla possibile bellezza primiziale
della brezza che zampilla dal mare.

LUCIBELLO BELA

Gennaio germoglia
nel villaggio dei ciabattini giucchi,
transita nei ceppi dei lecci.
I camini soffiano trifumi a frotte
nel naso solito del cielolupo.
La neve inventa un talismano mantico
nel centro cenobitico della piazza zotica:
Lucibello bela.

LE ASSEMBLEE DEGLI INSETTI

Nel conclave delle mosche
gli armadilli ammogliati
divorziano dalle zanzare,
lo scarafaggio rompicollo
aggredisce le fragole ercoline.
Nell’assise delle farfalle
lo scarabeo ammosciato
dagli scartafacci dei poeti
rosicchia paroline metricate
e rigurgita acrostici aromatici.

LA FAME DELLE FAVOLE

L’immagine minuscola
di un omino immangiabile
si gonfia nelle favole affamate.
E il nano angelico affonda
nell’onda nottambula.
Una donna misericordiosa
ricuce l’alba smembrata
dalle mascelle dei marosi.

I POETI

Il carabo capriola
nel bric-à-brac caotico
delle bricche letterarie,
articola almanacchi
di allegre allegorie.

Il gallo si sgola
per radunare i numeri,
i nomi nomadi, i verbi bradi,
per dar ritmo all’aritmetica,
brio alla farandola poetica.

Il martin pescatore
l’allodola alluma:
coriandola il sole
nelle rime d’amore.

Il batracio bindolesco
dà un bacio alla cicigna:
s’arrotola la luna
nei sonetti delle blatte.

Il dodo dadaista
dileggia l’usignolo,
gli dice: “sei l’artista
più strullo e più pignolo,
i tuoi gorgheggi rari
già mischia nel paiolo
la musa dei giullari”.

TOPO FA PIPPO

Topo fa pippo e spippola
i pippoli al pippione
del pan buffetto e spippola
il poggio del pippione
alla poiana e spippola
della poiana il pioppo
al pomo dello schioppo.

QUANDO LA PIOGGIA MI BAGNA LA GNUCCA

Quando la pioggia mi bagna la gnucca
chiedo all’ombrello di aprirsi di botto,
quello mi guarda e mi dice “Fra locco!
L’acqua che casca su testa di gnocco
fresca le pigne filtrando nel cranio
mentre mia seta strubbiata dal picchio
grugna alla grossa ché piova impatacca
belli arabeschi ch’adornan gli spicchi”.

LA FERREA REALTÀ DELLA SPERANZA

Gli alfabeti convolano a nozze.

I molteplici si uniscono in matrimonio,
trasudano la storia e istaurano
il comunismo perfetto dei segni.

Assurda come un miracolo,
l’armonia ideale sfida
la dittatura del pessimismo,
riduce l’errore a mero accidente
svia la devianza, afferma
la ferrea realtà della speranza.

10/11/2020

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