Nella attuale emergenza epidemica sono state fermate molte attività culturali. Se ne comprendono le motivazioni , tuttavia occorre pensare che per molte di esse la serrata potrebbe essere letale. Ciò sarebbe grave perché, per una efficace ripresa del Paese, le forze della cultura – e soprattutto le iniziative piccole e diffuse sul territorio – saranno indispensabili. In proposito, ricevo questo appello di Tonino Tosto, Direttore del Teatro di Porta Portese, che sottoscrivo e faccio girare volentieri.
SALVIAMO – OGGI – GLI SPAZI CULTURALI!
Il Decreto “Cura Italia” prevede, per chi ha dovuto chiudere l’attività commerciale a causa del coronavirus, un bonus per gli affitti con un credito di imposta del 60% sulle locazioni pagate nel mese di marzo. Si tratta, quindi, non di una sospensione dei pagamenti dell’affitto ma di un credito di imposta (una sorta di rimborso) pari al 60% di quanto versato.
In pratica un esercente che deve pagare 2000 euro di affitto per il mese di marzo 2020 al titolare dell’immobile nel quale è sita l’attività, dovrà comunque pagare i 2000 euro, per poi recuperare i 1200 nella prima data utile in cui pagherebbe le imposte (quindi nel mese di giugno).
Nel caso delle associazioni culturali o delle imprese sociali o cooperative che gestiscono teatri e luoghi di formazione, di danza, di musica, di attività motoria e aggregazione che cosa è previsto? NULLA!
Ad esempio, come spiega l’articolo 95 del decreto ‘Cura Italia’, è sospeso «fino al 31 maggio il pagamento dei canoni di locazione relativo all’affidamento di impianti sportivi pubblici dello Stato e degli enti territoriali».
La maggioranza delle associazioni o società sportive dilettantistiche di danza o teatri o spazi aggregativi hanno la propria sede con contratto di affitto stipulato con privati. E questi canoni di locazione non sono salvaguardati dal decreto. In più, la stragrande maggioranza delle scuole o dei teatri o dei luoghi di aggregazione sono di piccola o media dimensione e quindi – pur svolgendo un lavoro di qualità fondamentale in diversi territori – hanno un numero di spettatori partecipanti agli eventi o di iscritti alle diverse attività proposte ristretto e modesto e per sostenere affitti e utenze contano ogni mese sulle quote degli iscritti.
Domando a tutti coloro che affermano che la Cultura sarà il volano della ripresa economico-sociale del nostro Paese se si rendono conto dei rischi che corre questo “piccolo e non considerato mondo”.
Le attività sono naturalmente ferme. I costi corrono.
Quando – si spera prima possibile – torneremo lentamente alla normalità dovremo tutti insieme lavorare per ricostruire una socialità ed una capacità di stare insieme che questi mesi di “clausura forzata” stanno minando.
Se non mettiamo in campo uno sforzo collettivo difficilmente le persone torneranno a frequentare teatri, cinema, biblioteche, librerie, palestre, luoghi di incontro, di ascolto, di esposizione, di confronto e di scambi culturali.
E in questa situazione non pensiamo possa essere utile, necessario, fondamentale il ruolo dell’associazionismo culturale, dell’impresa sociale, della cooperazione e di quelle realtà operative e produttive che operano quotidianamente nei territori e rappresentano avamposti culturali capaci di evitare il crescente isolamento (rappresentato spesso anche dai social, con l’illusione di essere protagonisti nel Mondo) ponendo al centro partecipazione, conoscenza, saperi, confronti, impegno, attività fisica, relax e divertimento?
Se non si aiutano, oggi, queste realtà aumenterà la desertificazione urbana alla quale già assistiamo (sia nelle periferie sia nel centro delle città).
Il welfare sociale che esse rappresentano deve essere riconosciuto, aiutato e valorizzato oggi prima che sia troppo tardi.
Come?
Con uno stanziamento regionale straordinario a fondo perduto per il 2020 al quale le associazioni culturali, le imprese sociali, le cooperative potranno accedere (dimostrando naturalmente le loro attività).
Questo contributo occorrerà a coprire i costi di affitti e altre spese relative al mantenimento e al rilancio dell’attività. In queste dovranno rientrare anche le spese di sanificazione dei locali. Queste spese sono previste sì dal decreto ma anche qui sono rimborsi impossibili da ottenere soprattutto quando il contributo si concede come credito di imposta al 50% (significa che prima si anticipa e poi si rientra a giugno). Perché la sanificazione non diventa la condizione per riaprire al pubblico? Perché, in questo senso, non può essere realizzata da imprese indicate dalla Regione stessa?
La Cultura può e deve essere un comparto sul quale puntare per portare i cittadini dell’Italia e del Lazio fuori dalla paura post virus; rigenerare il senso di comunità, stimolare l’esigenza di conoscenza e fruizione dell’immenso patrimonio culturale della nostra Regione; favorire opportunità economiche ed occupazionali in un settore che crea ricchezza e comunità; attivare nuove opportunità di coesione e di partecipazione sociale, essere volano economico. Avviare – attraverso la cultura – un vero Rinascimento del nostro Paese e della nostra Regione.
Dobbiamo fare presto, ce la possiamo fare!
Tonino Tosto
Direttore artistico Teatro Porta Portese
Si tratta di un appello sacrosanto e urgente, perché la cultura viene citata come uno dei “valori” e una delle attività da salvare, proteggere, curare, ecc., ma a parole più che nei fatti. Ad oggi vi sono in Italia migliaia di musicisti, attori, cantanti, performers, operatori dello spettacolo che letteralmente vedono svanite le condizioni di vita su cui bene o male, comunque precariamente, facevano affidamento prima. Se gli stanziamenti economici per il sostegno allo spettacolo, all’associazionismo, alla piccola editoria, agli Istituti culturali saranno sacrificati per favorire il rilancio dei settori industriale, turistico e commerciale, il già fragile tessuto culturale italiano si sfalderà definitivamente, lasciando agli italiani poco più che la TV. L’appello è giusto e meritevole di essere diffuso.
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