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Nell’anno con il 3: “Il gazzarra” di Massimo Ferretti

Ragazzi, è cominciato l’anno con il 3 in cui solitamente c’è licenza di parlar d’avanguardia senza tema di essere guardati come retrogradi dinosauri e ciò grazie all’anniversario del Gruppo 63, questa volta sessantennale. Per quanto mi riguarda, dell’argomento ho scritto abbastanza – forse troppo – nel corso degli anni, però qualcosa mi è sfuggita, onde per ammenda ho deciso di affrontare nel blog lungo tutto l’anno, uno al mese, gli autori e i relativi testi trascurati (che poi si trasferiranno tra i profili della sezione degli Autori). Ecco intanto il primo.

Massimo Ferretti, Il gazzarra

Il gazzarra, pubblicato da Feltrinelli nel settembre 1965, rappresenta il salto di Massimo Ferretti nel romanzo sperimentale, avvenuto abbastanza bruscamente: solo poco prima infatti, nel 1963, l’autore aveva dato alle stampe le poesie di Allergia e il romanzo Rodrigo – quest’ultimo , pur avendo già una scrittura molto “a scatti”, era impostato piuttosto come “romanzo della crisi” con sfumature esistenziali. Ma proprio nel ’63 un brano del Gazzarra veniva letto alla riunione di quel Gruppo che dal 63 prende il nome, e questo costituiva per altro una operazione di distacco dal primo mentore Pasolini. Al successivo convegno palermitano dedicato al romanzo sperimentale, svoltosi in una data settembrina curiosamente coincidente con l’uscita del Gazzarra (il convegno si chiude il 6, il finito di stampare è segnato al 7), Ferretti non partecipa direttamente e tuttavia invia un intervento di sostanziale adesione alla linea “sperimentale”, non tanto come pratica distruttiva, ma piuttosto come «attività “fabbrile” e paziente» di un vitale «organismo linguistico». Continua a leggere Nell’anno con il 3: “Il gazzarra” di Massimo Ferretti

Chiusura dell’anno manganelliano

All’egregio direttore del blog, ammesso che ce ne sia uno, non saprei, ai miei tempi tale roba inesisteva, e anche “egregio”, perché egregio? egregio in cosa? Comunque sia, avrei forse il dovere di ringraziarla di avermi intitolato addirittura un intero giro planetario, e in fondo lei avrà pensato che non fossi alieno dalle cerimonie, dato che la “cerimonialità” in letteratura mi è sempre piaciuta, lo ammetto, insieme alla retorica, all’ossimoro, e perfino alla perenta allegoria. E invece no, al posto di render grazie e a costo d’essere scortese ed ingrato, io protesto con tutta la timida e roca voce rimastami. Al massimo avrei potuto permettere una “scommemorazione”! Lei non capisce, non può capire. Nel luogo in cui mi trovo attualmente e che è esattamente come lo descrissi in alcune delle mie carte patologicamente corrotte e menzognere con una certa, è vero, preveggenza, qui nei dintorni del nulla, intendo, nelle tenebre, insomma, il “riverito nome”, per dir così, è quasi completamente scomparso, quindi sentirselo ritirare in ballo, mi creda, non può che causare uno spiacevole fastidio postumo. Eh, sì, il nome, quella bestiolina bastarda che ci segue accanita, sospettosa, talvolta ilare, bu!, a cuccia! pussa via! Continua a leggere Chiusura dell’anno manganelliano

Dedicato a Pagliarani

Nei giorni scorsi, 24 e 25 novembre, nei locali romani della Casa dello scrittore, sono state dedicate a Elio Pagliarani (a dieci anni dalla scomparsa) due giornate fitte di testimonianze, letture e interventi critici. Riporto qui il mio contributo.

PERCHÉ PAGLIARANI
Un avvicinamento in nove passi

PRIMO PASSO. Ho prediletto Pagliarani fin dall’inizio, ai tempi della mia tesi di laurea sulla “poesia sperimentale”. Ero già allora fortemente brechtizzato e tra i Novissimi Pagliarani era evidentemente quello che mostrava con più immediatezza una istanza politica. Ho dovuto leggere attentamente Adorno per capire come la “separatezza” degli altri fosse un’altra modalità di contestazione. Nello stesso tempo, però, non mi è mai sembrato giusto separare Pagliarani dall’area sperimentale del Gruppo 63: non mi pareva fuori, semmai all’ala sinistra del movimento. Continua a leggere Dedicato a Pagliarani

D’Ambrosio esagerato a Bookcity

L’editore milanese Fabio D’Ambrosio è in campo ormai da vari anni e ha al suo attivo diverse pubblicazioni di autori dei quali “Critica integrale” si è occupata variamente quali Gaetano delli Santi, Franco Falasca e Carmine Lubrano, nonché il sottoscritto. Si può affermare che D’Ambrosio sia uno dei pochi autentici editori rimasti, per due buoni motivi:
1) Ha scelto una politica editoriale. E precisamente in una linea di avanguardia. Non sto qui a ripetere e a riprendere il dibattito su questo termine discussissimo (il superlativo, per quanto brutto, ci vuole); lascio parlare lui, dal suo sito ufficiale, quando dice che «l’avanguardia, ORA, è la necessaria risposta alla catastrofe della modernità» ed «è gesto di comunicazione sociale e analisi critica». Ripeta pure il pensiero unico che la direzione è “sbagliata” , sarebbe in ogni caso eroico e ormai singolare un editore che procede con l’idea di trovare e se possibile formare il suo pubblico, invece di inseguire le mode e le previsioni di rientro.
2) I suoi libri sono sempre molto accurati e hanno sempre un intervento grafico che accompagna sulla stessa lunghezza d’onda la tendenza “divergente” del testo scritto.
Recentemente, Fabio D’ambrosio ha aperto uno spazio a Milano: si chiama “Oltre i ponti”, non solo perché si trova in zona Quarto Oggiaro, di là dalla ferrovia, ma soprattutto per significare l’oltranza, anche rispetto a tutte le mediazioni moderate (i ponti…).
In occasione delle manifestazioni milanesi di Bookcity, D’Ambrosio presenterà nel suo “cantiere” una fitta serie di incontri e diverse nuove pubblicazioni. Continua a leggere D’Ambrosio esagerato a Bookcity

Riapparso un fagiano a New York

Nelle giornate dell’11-12-13 novembre 2022, si  è tenuto a New York presso la Casa Italiana Zerilli-Marimò (in collaborazione con New York University  e Istituto Italiano di Cultura) un incontro tra poeti italiani e statunitensi. L’incontro,  ideato da Luigi Ballerini, recava il titolo The Re-appearing Pheasant.
Cosa c’entra un fagiano con la poesia? Proviene dagli Adagia di Wallace Stevens: «Poetry is a pheasant disappearing in the brush». Già nel 1991 Ballerini si era ispirato a quell’aforisma per invitare al dibattito autori delle due sponde dell’Oceano: nell’occasione  la discussione trovò il suo fulcro attorno al termine “avanguardia” (forse era proprio lei il fagiano che stava sparendo tra i cespugli?). A distanza di una trentina d’anni, Ballerini ha rinnovato la proposta del colloquio inter-continentale invertendo però il suo titolo: The Re-appearing Pheasant. Insomma, il fagiano che riappare sarà un qualche nuovo segnale o sintomo di vitalità in versi? L’interrogativo è stato valutato nel corso del confronto che ha previsto letture di testi con traduzione, relazioni e tavole rotonde. Segnalo anche la conclusione, ieri 13 novembre, con il concerto di Diego Minciacchi.
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Mangatour5

In un quartiere estremamente eccentrico e socialmente arduo soggiornano le comete. Non chiedetemi dove si trovi esattamente. Dovreste andare da qualche parte per, diciamo, qualche miliardo di chilometri. Forse cento. Forse centocinquanta. Ma, arrivati lassù, dovreste chiedere; perché un milione di chilometri in più o in meno fa tutta la differenza. E chiedere la strada da quelle parti – sempre che abbiate preso la direzione giusta – fa tutta la differenza. Ora, da quelle parti vi è gran freddo, eccetto che nei quartieri abitati appunto dalle comete. Vi è buio, eccetto dove una qualche cometa si accenda a far da luminaria. Non vi sono strade, a meno che una cometa non distenda il suo strascico fingendosi itinerario. Ma se vi troverete a un milione, o a centomila chilometri, o a mille, dal punto giusto, potrete non trovare nessuno, o solo strani esseri taciturni o di impervio linguaggio. E poi anche se doveste trovare una cometa, non vorrebbe dire gran che. Continua a leggere Mangatour5