Michele Fianco, esce “Lì”

Michele Fianco, autore sempre più eclettico, torna in libreria (ormai in rete, ma tant’è…) con alcune piccole opere di grande spessore.
Continua nella via della prosa, dopo gli exploit di Swing (eccellente romanzo-antiromanzo) e della Confezione (vincente del premio Feronia), ora con un nuovo esperimento dal laconico titolo Lì. Scrittura fatta per frammenti, brani in parte narrativi e in parte no, tutti collegati da un “tono” stilistico (il tono-Fianco, di cui ho parlato altre volte), con riprese e ripetizioni, come del resto è naturale trattandosi di pezzi cronologicamente coevi, una sorta di diario (o pseudo-diario) dell’ultima estate.
Il libro, insieme ai volumetti fotografici di Monsieur Côté (ne dirò alla fine) è disponibile su Amazon. La scelta dell’autoedizione è comprensibile: il vantaggio della rete è che si può essere subito raggiunti saltando la mediazione editoriale che ormai presenta, anche in caso positivo, lungaggini, procrastinazioni e incertezze.

Dunque, il titolo significa che Michele Fianco sta . Cioè “in situazione”. In quello che lui stesso definisce proprio in apertura un punto di insoddisfazione: «Lì, un punto geografico, qui, di sostanziale insoddisfazione e di nuova, ogni volta nuova, consapevolezza di insufficienza». Un punto qualsiasi, ma sintomatico di un’evoluzione storica che non promette bene e che, nella sua estrema rapidità, sembra aver tolto ogni margine di riflessione e di coscienza, tanto da accorgersi, di botto, che «un orizzonte intero è mutato». Smarrimento, sì, ma al contempo attenzione per un panorama che si presenta involuto su tutti i fronti: quello etico-psicologico e comportamentale (un passo più in basso ad ogni generazione: «Come sono standard, intanto, i coetanei, e ancor peggio quelli dopo, nella costruzione di un testimonial di sé prima ancora del –, di un –, ‘messaggio’»); quello economico (l’economia del debito: «il mercato è un mercato non più delle cose, del debito piuttosto, che ha quale obiettivo quello di crearne e acquisirne nuovi debitori»); e infine quello politico (la destra rampante: «cos’è la destra se non un urlo di disapprovazione contro lo stato delle cose, siano esse errori di impostazione, errori effettivi o dolo?»).
Di contro, il soggetto si tiene a una residua lucidità e si può dire che la sua scrittura sia – nella solitudine dell’estate in città – essenzialmente riflessiva e autoriflessiva. E capace, per quanto venga a significare il nesso con l’hic et nunc, di ragionare sull’orizzonte più ampio possibile, quello della lunga storia dell’uomo e del suo pianeta, in una prospettiva che apre anche squarci debitamente antiantropocentrici, in una chiave sempre di contestazione, per così dire, “gentile”, ovvero non esibita, non chiassosa e fuori di sicumera.
Così come, in un altro suo testo, Delicatisimo, Fianco aveva attenuato il superlativo semplicemente riducendo la doppia consonante, lo stesso fa esplicitamente in questo caso, con la dovuta ironia: «alleggerisco… alegerisco, anzi». Perché, se una morale c’è – e c’è – è quella del porsi (mi si scusi il nomen omen) di “fianco”, in collateralità con il reale, oppure, detta in maniera quotidiana ma efficace dall’autore stesso, di «non romper le palle a nessuno». Vertono proprio su questo i passi più memorabili del libro, come quello sulla modalità del laico, così reinterpretata:

E riprendiamo ora, non perché possa aver valore di risposta nel merito – il merito, del resto, altro non è che una constatazione amichevole di realtà –, ma perché sembra dirigersi e dirigerti passo passo in una delle industrie più interessanti di prospettive possibili, quella che in sintesi potremmo definire del, cosiddetto, ‘laico’:
vista da qui, ad esempio: si è sempre stati laici, per istinto, un riflesso, nessuno sforzo, in fondo. E laici significa, in sostanza, assolutamente non adesivi. Non aderire a un pensiero (che pur si può condividere, questo sì), non aderire a un modello, a una figura (che certo può incuriosire, e anche questo, sì), non aderire a nulla. Figuriamoci a sé stessi. Il primo incontrovertibile segno di laicità, ecco, è quello di esser laici verso sé stessi. E li riconosci i veri laici. Intanto son pochi…
Il laico parla – come dire? – per mondi. Li avverte, li sente i mondi, e l’eventuale repulsione di uno dei tanti avviene per conduzione elettrica, per ritrazione, per ritrazione da conduzione elettrica, dopo aver processato in un istante milioni e milioni di bit, sensazioni, tendenze, climi. Sì, climi, interessano i climi, che occorre favorire e allestire. Un piccolo cerimoniale di gesti, cure, intonazioni che via via si perfezionano e perfezionano tutto ciò che è intorno, e che quindi, infine, producono agio. E fa sempre un passo indietro da sé perché questo avvenga, il laico.

Ho citato ampiamente perché qui siamo nel cuore della questione. La vocazione riflessiva e autoriflessiva di questa scrittura fa i conti e passa attraverso l’imperativo a “non consolidare”, a “non aderire” e quindi approda a un esito per niente assertivo.
Ed ecco la particolarità del “tono”. Un periodare che si può definire “bello scrivere”, cioè ampio, articolato, con lessico ben scelto, e però oscillante costantemente tra i generi, il prosaico e il poetico, l’astratto e il concreto, il razionale e l’onirico e l’aneddotico, variando volentieri il suo soggetto dalla prima alla seconda persona, alla terza, alla prima plurale, e gustando con piacere le mésalliances dell’incongruo. Per esempio:

Rimaneva insoluta la questione dei nasi, ritrovati infine lì, sotto un monte, ai lati di una strada. Trattavasi, dunque, dell’ennesima invenzione di chi volle assecondare una volta ancora il volo degli angeli e poi sparire, ridendo, o di vera rivoluzione?

Per giunta, insieme a , Michele Fianco ha messo in rete, come accennavo inizialmente, anche vari volumetti di fotografie ispirate dal personaggio-maschera di Monsieur Côté. Chi è questo signore soggetto-oggetto di singolari istantanee fotografiche? Evidentemente, basta tradurlo, un alter ego francese di Fianco. Ma soprattutto rappresenta il filo ironico che lega le immagini e le parole, le foto e le relative didascalie. Mentre lo scatto estrae dal quotidiano delle impensabili geometrie che, senza l’intervento dell’obiettivo, andrebbero probabilmente perdute nel disordine dell’essere, il commento a margine interviene a straniare l’aspetto estetico dell’immagine e, nel caso, anche l’aspetto eventualmente documentario con un forte décalage ironico. Per fare un esempio, nel caso della foto che ho messo in evidenza per questo articolo (estratta dal primo volume), la didascalia è: «Monsieur Côté continua a vedere salite con pendenze improbabili»; con l’aggiunta di genere e di datazione: «(fantasy, ITA/FRA 2021)». Alter ego più, alter ego meno, la Côté suite è data per presentata da un altro tipo di pseudonimo, Writtenby M. F., che poi non sarebbe altro che l’indicazione in inglese di chi è l’autore. Insomma, un gioco di specchi sulla propria identità – forse fin troppo equivoco, perché, per cercare su Amazon, è necessario evitare il vero nome e digitare invece Writtenby tutto attaccato e tra virgolette – mi raccomando di non sbagliare.
Un Fianco decisamente “intermodale” in questi album fotografici, che forse si potrebbero meglio definire fotocritici.

07/12/2023

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