Nelle giornate scorse del 16 e 17 febbraio si è svolto presso l’università di Roma “Sapienza”, un convegno dedicato a Luciano Anceschi, organizzato da Cecilia Bello Minciacchi sotto il titolo Anceschi e i Novissimi. Il convegno, oltre a Barbara Anceschi in rappresentanza del “verri”, ha ospitato alcuni studiosi di Bologna, allievi diretti e indiretti del maestro (Niva Lorenzini, Francesco Carbognin, Stefano Colangelo) per discutere insieme a giovani ricercatori (Giulia Siquini, Antonio D’Ambrosio, Sara Gregori e Samuele Maffei). Un intreccio di interessi e di prospettive che ha portato ad illuminare e illustrare il percorso dell’attività critica anceschiana, i suoi risvolti metodologici e militanti, il suo lavoro nelle riviste e nelle antologie, con particolare riguardo a quella dei Novissimi, dai lui promossa, e al confronto con la tendenza del Gruppo 63.
La figura di Anceschi si è dimostrata davvero centrale. Intanto per il suo metodo, orientato secondo l’“apertura” fenomenologica, che gli ha permesso di essere sensibile alle variazioni del gusto e di comprendere con straordinario tempismo il “nuovo” emergente (tra Lirici nuovi e Novissimi). Poi la notevole preparazione filosofica che lo ha portato a puntare sulla nozione di “poetica”, onde restituire alla poesia e alla critica l’elemento della riflessione e della consapevolezza, allargandosi anche alle poetiche collettive, alle linee (la Linea lombarda), alle tendenze. Inoltre, gli interventi del convegno hanno portato in luce la disponibilità di Anceschi al dialogo, anche con i sostenitori di posizioni diverse, pur senza mai deflettere dalle proprie convinzioni. Altrettanto spiccata è la sua dote “maieutica” nell’aiutare l’emergere degli autori più giovani. Magari anche lasciandoli andare per la loro strada, come quando (lo ha ricordato Niva Lorenzini) durante la preparazione dell’antologia dei Novissimi , che stava prendendo un’altra piega da quella da lui desiderata, con un titolo che lo lasciava perplesso, l’affidava ad Alfredo Giuliani con un laconico «Fate voi»… Di fatto, Anceschi si è trovato, tra anni Cinquanta e Sessanta in un periodo di rapida evoluzione della situazione (altro termine anceschiano) e non ha esitato a prendere coraggiosamente, anche attraverso lo strumento della rivista, “il verri”, le sue “scelte di campo”.
Cecilia Bello Minciacchi ha chiuso il convegno, seguito da un attento gruppo di studenti, riportando le lettere di Edoardo Sanguineti, in cui l’autore di Laborintus, perorando l’uscita del suo primo (e fondamentale) esperimento, si appella ad Anceschi – nel contesto di uno straordinario stile epistolare – come sommo «ostetrico poetico».
18/02/2023