Comunque, dopo il completo trionfo dello stato civile, la monomania romanzesca si nutre solo di ansie di identità, ansie di identità dell’individuo che vuol essere bene integrato, facendo lo scrittore. Prosa dell’obbligo, umanista per convenzione, scolastica per norma, con un italianese da romanzo diventato regola editoriale. Nudi schemi, trame per tenere in piedi una baracca di significati che lusinga il lettore, cioè lo lusinga di capire come va il mondo.
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Il disegno costruttivo del romanziere deve condurre il lettore per strade e per calli che menino al punto prospettico finale, nel quale si suppone ci sia uno svelamento dei significati storici, sociali o altri, messi in ballo. Grande lusinga per i lettori che ci tengono ai significati romanzeschi, per capire come va il mondo, non diversamente da quando guardano il telegiornale. Ma ancora più a fondo il disegno costruttivo del romanzo ben fatto, editorialmente ben accetto, indica qualcosa che somiglia alla Provvidenza di Manzoni, o suoi sostituti storici fino al realismo critico. Una forma di totalizzazione, come se ti dicesse: «Guarda, qua, t’ho portato a vedere i fondamenti del mondo». Nel sottinteso che fondamenti ci siano, con parole appoggiate su verità dimostrabili; e insomma che noi sappiamo su cosa riposano le nostre certezze, le nostre virtù, i nostri vizi, i nostri valori.
Per contrasto, all’inizio delle Operette morali c’è una piccola cosmologia che racconta come è nato il mondo, dove ci viene detto che i grandi valori del mondo, la Virtù, la Giustizia, la Gloria, la Sapienza, l’Amore, non sono che pallidi fantasmi, vane illusioni come i sogni; e che l’ultimo di questi valori venuti sulla terra, la Verità, è anch’esso un’illusione, ma più perversa delle altre, perché reca agli uomini solo infelicità. La linea astratta della prosa leopardiana ci toglie da sotto i piedi la pretesa dei fondamenti, dei valori che hanno fondamenti, perché nel suo girovagare te li ribalta in superficie come pezzi d’asfalto che non stanno più assieme, rosi e devastati dalle intemperie. Così ci troviamo subito confrontati con uno strano libro che scarta tutti i significati ufficialmente protetti, perché smonta l’enfasi dei valori che dovrebbero dare peso e garanzia alle parole. La sua prima virtù consiste nel togliere peso alle parole, sgonfiando l’astrattezza dei significati che incombono sulla invenzione letteraria.
da Discorso sull’al di là della prosa, 1998
in Studi d’affezione per amici e altri
21/02/2021