L’editore Italo Svevo, nella collana “Piccola biblioteca di letteratura inutile”, ripubblica le Avventure di Luigi Malerba, in una nuova veste molto elegante. Il titolo non inganni, non è che Malerba si sia messo sulla strada dell’“avventuroso” di tipo salgariano, per quanto, da scrittore sorprendente qual era, sarebbe stato capace di farlo: in realtà qui l’avventura consiste nella ripresa di personaggi letterari che, prelevati dalle loro storie, finiscono nelle storie di altri personaggi. Insomma, diversi ma non del tutto dissimili dalle “interviste impossibili” (anche di quelle il nostro ne produsse di buone), sono piuttosto “incontri impossibili”; una tipologia che l’autore aveva sperimentato alla grande già nel suo Pinocchio con gli stivali, dove il nasuto burattino collodiano oltrepassava i limiti che separano le fiabe, mettendone il reame in gran subbuglio.
Fenomeno di riscrittura postmoderna? Direi di no: perché mentre il postmoderno riusa il già scritto in scioltezza indifferente, invece Malerba punta sull’attrito: perché, di volta in volta, c’è un personaggio estraneo che si intromette e disturba, provocando disordine nel “mondo possibile” della finzione.
Avventure di personaggi, dunque. Che sono cinque: Sancio Panza incontra Anna Karenina per distoglierla dal suicidarsi; la creatura di Frankenstein crea problemi a Don Abbondio subito dopo l’avvertimento dei bravi; Bertoldo sfida a modo suo i quesiti di Turandot; l’Innominato in via di conversione è tentato dai piani criminali dell’Uomo invisibile; l’Othello shakespeariano esprime la sua disistima per il testo dell’Otello verdiano e finisce per strangolare una corista al posto di Desdemona. Si può dire che lo schema sia costante: è quello dell’interruzione e dell’interferenza con sfumatura di aperta parodia. Ci sono ben due distinte presenze dai Promessi di Manzoni, Don Abbondio e l’Innominato e non è un caso, poiché una gustosissima parodia Malerba l’aveva scritta nel racconto Cento scudi d’oro, a replicare con il dovuto abbassamento dissacrante proprio la notte dei tormenti di coscienza del bandito.
Anche gli “incontri impossibili” delle Avventure si possono leggere in chiave parodica. Prendiamo per esempio Sancio Panza e Anna Karenina. Il personaggio di Sancio è costruito come una “continuazione”: il suo padrone, l’hidalgo Don Chisciotte, è ormai deceduto e lo scudiero ne ha ereditato il linguaggio e la missione di raddrizzare i torti, mantenendo però sia la fisionomia atticciata che un quanto di saggezza popolare. Il suo intervento presso Anna Karenina vorrebbe mutarne la sorte e quindi sostituire il dramma con un lieto fine; se la donna accettasse ci sarebbe anche per lei una continuazione, invece di finire sotto al treno, ma soprattutto il senso dell’ipotesto tolstoiano risulterebbe invertito.
Sancio si profonde in buone intenzioni:
Vi supplico, mia infelice signora, non mettete in atto il proposito di staccare la vostra anima dal corpo e distruggere la vostra vita preziosa. Se credete di non avere più né amore, né affetto né stima intorno a voi, posso dirvi ad alta voce che vi sbagliate perché qui davanti avete Sancio che depone ai vostri piedi, come umile dono, tutti i suoi sentimenti.
Al che Anna si offende, soprattutto quando viene invitata a una fuga d’amore e infine ricorda all’altro che le motivazioni buoniste stanno a zero perché quella discesa del mondo verso la prosa, già segnalata dal libro di Cervantes, ha fatto molti passi ancora verso il peggio:
Vi prego, vi prego! Smettetela una buona volta con queste inutili chiacchiere! Con la vostra idea maldestra di salvarmi mi avete fatto un gran male. Dovete rendervi conto che ciò che poteva avere un senso nel vostro secolo dorato, oggi ha perduto ogni valore, ciò che a voi pareva serio e degno di attenzione, oggi appare ridicolo e penoso.
E così di seguito negli altri brani, sotto la guida dell’ironia che accoppia magari personaggi accomunati da una mancanza (l’Innominato difetta di nominazione, l’Uomo invisibile di visibilità), oppure fin troppo identici, come i due Otelli. A scorno dei moralismi “ermeneutici”, il dialogo non sortisce esito positivo. L’esito è l’espulsione dell’elemento allotrio: segno che la finzione letteraria è soggetta all’ordine, non accetta trasgressioni, e la stessa legge dell’empatia tende a salvaguardare l’organicità testuale e a difendere lo status quo. La parodia malerbiana vi ha aperto però uno spiraglio di libertà e uno spazio di riflessione con un divertimento non fine a se stesso, perché l’invenzione dell’autore è un intervento sulla logica che è sempre anche un intervento sull’ideologia.
La scrittura di Malerba ha dalla sua una strategia della sorpresa. Negli anni del romanzo sperimentale ha praticato la forma narrativa in alcuni punti estremi (il narratore inattendibile del Serpente, il narratore diviso di Salto mortale), ma anche in seguito ha basata la sua operatività sul paradosso, sgusciando ogni volta dalla maglie di un romanzesco sempre più omologato e impoverito.
Per straniamento e umorismo operano anche queste Avventure riproposte in edizione raffinata dalla casa Italo Svevo. Svevo che pubblica Malerba? Perbacco, ecco materia per un altro “incontro impossibile”…