Come rappresentare?

Per carità, non ho nessuna intenzione di orientare o influenzare il voto del referendum, e neppure fare esternazioni su come voterò. Le ragioni del No sono state  perorate ad abundantiam da fior di intellettuali.  Né voglio stare a pensare alle conseguenze del voto sul governo e neppure a “in che compagnia ti trovi!”; so che non convincerei nessuno in più, ma vorrei soltanto affrontare un ragionamento sul problema della rappresentanza perché credo che non sia poi così distante da quello della rappresentazione, che è il problema principe della critica letteraria e artistica. In fondo, in entrambi i casi, si tratta di rispondere allo stesso interrogativo: come rappresentare? come deve essere il modo giusto? A questa domanda, sul piano politico mi sembra molto riduttivo rispondere puntando semplicemente sulla riduzione del numero dei rappresentanti. Sarebbe come sostenere che, per una giusta rappresentazione letteraria è sufficiente diminuire il numero delle parole, perché così si diranno, in proporzione, meno stupidaggini…

Devo confessare che ho una idiosincrasia di base per i cambiamenti costituzionali. L’ho detto e lo ripeto: la costituzione va bene, non va cambiata, ma applicata!
Tra l’altro, se alla sforbiciatura dei parlamentari si aggiungesse il vincolo di mandato, allora si potrebbe risparmiare ancora meglio e più: pagare soltanto i capigruppo, ciascuno portatore della sua dotazione di voti… Se si tratta di scorciare è la proposta più redditizia e buonanotte al parlamento. Se si tratta invece di democrazia bisogna ripensare cosa si intende per “rappresentante”.
Ecco, io credo che il problema non sia la quantità, ma la qualità dei rappresentanti; che non ci rappresentano non perché siano troppi, ma perché non sono collegati a quelli che dovrebbero rappresentare. Piuttosto che sui numeri, occorrerebbe, secondo me, intervenire con alcune semplici norme: l’obbligo di residenza dei candidati, per ovviare al paracadutaggio ad hoc in collegi sicuri; l’istituto della revoca a metà mandato (che esiste in USA per i governatori); e soprattutto l’istituzione per legge delle “primarie dei candidati”, in modo che candidature o liste che siano vengano fatte dagli elettori. Questi ritocchi mi sembrano il minimo per ridare democrazia al nostro sistema politico. Ed è chiaro che, per riavvicinare rappresentanti e rappresentati ci vogliono raggruppamenti non troppo grandi: tutto il contrario della diminuzione numerica.
Poi, naturalmente c’è il rapporto del legislativo con l’esecutivo, dove il secondo ormai s’è divorato il primo, ma di questo altra volta, se ci sarà occasione.

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