I rapporti tra le culture dipendono in buona parte dal lavoro di mediazione di alcuni benemeriti operatori culturali, che fungono da tramite attraverso traduzioni, presentazioni informative e ragguagli sistematici. Tra Italia e Stati Uniti, per quanto riguarda la poesia, operano da tempo Luigi Ballerini e Paul Vangelisti, ora con l’apporto di validissimi collaboratori più giovani. Per far conoscere in Italia la poesia americana di oggi, hanno già prodotto alcuni volumi antologici presso l’editore Mondadori; l’impresa passa ora all’editore Aragno, in una nuova veste tipografica di indubbio prestigio, con i due volumi di Nuova poesia americana dedicati a Chicago e le praterie, per la cura di Luigi Ballerini, Gianluca Rizzo e Paul Vangelisti.
Al termine del lungo saggio introduttivo, Ballerini e Rizzo descrivono così il percorso finora effettuato:
Questo volume rappresenta la quarta tappa di un viaggio che era partito da Los Angeles, città eternamente penultima, posta all’estremo confine occidentale, ed eternamente tesa verso il tramonto, verso un orizzonte mobile e inafferrabile. Per questo, la si era detta una città “non certo perfetta, ma che più perfetta non si potrebbe”, una città dell’ostinazione, che c’è solo perché insiste a fingere di esserci. È dunque una distopia, un’assenza di luogo, il grande nessun posto, come ha scritto James Ellroy. La seconda fermata è stata San Francisco con la sua Bay Area, che, ai contrario, è un luogo del possibile, dove si può ambientare un’utopia, e perfino immaginare di tradurla in realtà, una città che è, nella voglia di esserci, quella che potrebbe essere. Terza tappa è stata New York, concretezza e del proprio primato, da non avere alcun interesse a confrontarsi con l’esterno.
Siamo, infine, a Chicago, città che non ha nulla da dimostrar che esiste nelle occupazioni quotidiane del lavoro e della memoria, città che non modera i termini e che non chiede trattamenti speciali, una città bonaria e spietata; forse veramente “l’ultima delle grandi città americane” realmente esistenti.
Dopo aver indicato, in sede introduttiva, il quadro della tradizione, l’antologia si muove con grande apertura attorno ai suoi 25 autori selezionati, sia dal punto di vista territoriale – tra la grande metropoli e la provincia circostante – che dal punto di vista delle tendenze – tra la poesia dedicata all’ambiente, quella concentrata sulla storia, la ricerca sulla lingua e l’attenzione al linguaggio della scienza. Non posso ovviamente qui dare conto di un materiale di oltre 1000 pagine. Per fornire un minino campione, ho scelto un autore che mi è parso uno dei più sperimentali, Mark Tardi; questo un suo testo:
On the other side
of the alphabet
children are thought
to be shadows of rain
embracing efforts far
too fierce for their form
and unable to slip outside
their skin
into a voluptuous tower
traced with trees
they fall
from a canticle of dust
carving breath
into a sinuous whisper
E questa la traduzione di Gianluca Rizzo:
Sull’altro lato
dell’alfabeto
i bambini si pensa
che siano ombre di pioggia
che si accollano sforzi di gran lunga
troppo feroci per la loro forma
e incapaci di scivolare fuori
dalla loro pelle
in una torre voluttuosa
tracciata con alberi
cadono
da una cantica di un fiato
che intaglia la polvere
in un sussurro sinuoso
E veniamo all’operazione inversa, cioè quella della diffusione della poesia italiana attuale presso i lettori anglofoni: la troviamo nell’uscita recente della versione con testo a fronte in inglese delle poesie di Mariano Bàino, ad opera ancora di Gianluca Rizzo. Il libro, pubblicato da Argincourt Press, s’intitola Yellow Fax and Other Poems e contiene la traduzione di Fax giallo (1993) e di una buona scelta di Ônne ‘e terra (1994) e alcuni brani anche da Pinocchio (moviole) (2000). Nell’introduzione, per altro, il curatore inquadra l’autore nel dibattito degli anni Novanta, tra Gruppo 93 e Terza Ondata, un periodo particolarmente complicato, ma in definitiva pieno di idee e di spinte propositive. Qui per il momento interessiamoci della traduzione; e quindi ecco un brano di Bàino, quello conclusivo di Fax giallo:
amariglio del mondo, il giallo nato per gioire e fattu minchia
agra: càvane rossi, blu, prova a provare spasmi nel suo corpo
crudo d’agrume, nel citrigno imposto al ghettoebreo al gialletto
prostituta, nella sua patina di umor statico, di zolfo nei
cieli gialli di lotte di sassi di zolle con domande e screzi di
nontiscordardimé, di gialla luce con sua ombra viola (en fransé
mozzarellà: magàr non è toute une boutanade il dir que il gran
problem è plus la relation col mond que le mystère du mond),
lector, e st’alkimia del dire è storia di una miatuasuanostra
vostraloro pazzeria (del tipo inventa il vocalico dei colori
: nero Aico, bianco Eico, rosso Iico, blu Oico, verde Uico),
di una mattezza di gavotta ripetuta, ripetuta dal vibrare
di metalliche lamelle titillate da un cilindro in rotazione,
dal coatto circuitare di damine e cavalieri nella musica pian
piano sempre uguali nella pena nel sorriso nel fedele tedio…
Davvero difficile da rendere per l’ibridazione di linguaggi e giochi di parole. Ma ecco la traduzione di Rizzo:
key of the world, the yellow born to rejoice and turned into a sour
cock: draw reds, blues, try to experience spasms in its body
raw as a citrus, in the citric imposed on the jewghetto on the yellowish
prostitute, with its patina of static humor, of sulfur in the
yellow skies of struggles with stones with turfs with questions and squabbles
of forgetmenots, of yellow light with its purple shade (on fronsay
mozzarellà: maybè its not toot une bullshìt il dir that il grand
problème is plus la relation with the mond than le mystère du mond),
lector, and this alkemy of speech is the history of a myyourhisherour
yourtheir craziness (of the sort invented by the colors’ vocalist
: black Aicous, white Eicous, red Iicous, blue Oicous, green Uicous),
of a madness of repeated gavotte, repeated by the vibration
of metal gills titillated by a rotating cylinder,
by the compulsory circuiting of dames and knights in the music ever so
slow always the same in the sorrow in the smile in the faithful boredom…
Insomma, in attesa del giorno in cui conosceremo bene tutte le lingue, sia lode alla fatica dei traduttori!