Archivi categoria: L’aristocritico

I difetti del critico e loro conseguenze positive

«Sono soltanto un critico» è una battuta di Iago nell’Otello. Potremmo usarla per evidenziare un difetto della figura del critico, più volte stigmatizzato nel corso della storia. In fondo Iago è un invidioso (dei successi di Cassio) fino alle estreme conseguenze che sappiamo. Ecco allora il sillogismo: Iago è invidioso; Iago dice di essere un critico; il critico è un invidioso.
Il che è una comune convinzione: il critico come scrittore fallito, o quanto meno mancato, che si vendica della sua condizione sussidiaria abbassando a suo piacere i veri scrittori “creativi”. Ha perso la “speranza dell’altezza” e quindi, per ripicca, non la concede a nessun’altro. Gli fa le pulci senza remissione. Continua a leggere I difetti del critico e loro conseguenze positive

Narrazione sì, narrazione no

Ho spesso segnalato come caratteristica ideologica della nostra epoca l’esaltazione della centralità della narrazione. C’è al riguardo una bibliografica più che ampia che tocca svariati livelli e posizioni: in chiave tecnica (Brooks), femminista (Cavarero), piscologica (Gottshall), terapeutica (Cometa) e sicuramente ne sto dimenticando di importanti. Una vera valanga. Di narrazione si parla dappertutto e perfino, fatto significativo, nei talk-show della politica.
Tanto per non perdermi niente, sono andato a leggermi il libro di Byung-Chul Han, pensatore coreano operante in Germania, che ha già al suo attiva varie opere sulla filosofia sociale e sul mondo della comunicazione (l’infosfera). Il libro in questione, pubblicato da poco presso Einaudi, s’intitola La crisi della narrazione e subito questo titolo mi ha incuriosito. Come crisi? Ma se la narrazione straripa ovunque e bisognerebbe semmai contenerla! Han muove appunto da un paradosso: che quanto più se ne parla tanto meno è in buona salute… E siccome il paradosso mi è sempre parsa una buona maniera di rovesciamento dialettico, valeva la pena di andare a vedere un po’ più a fondo. Continua a leggere Narrazione sì, narrazione no

E’ questione di intelligenza

Inizio il sesto anno di “Critica integrale” intervenendo sul tema del giorno: l’intelligenza artificiale.

L’intelligenza è una. Se valutiamo la perspicuità di un ragionamento non è importante se sia stato fatto da un uomo, da una donna, da un bambino o da una macchina, quello che va considerato è la coerenza, l’ampiezza, il rigore. Quindi la questione è il quanto di intelligenza: l’aggettivo “artificiale” mi pare secondario.

Le intelligenze sono molte, però: non c’è soltanto quella logico-argomentativa (cui personalmente tengo oltremisura), ma c’è l’intelligenza pragmatica, la prontezza di spirito, l’intuito strategico, la partecipazione empatica, tutte forme dell’intelligere, cioè del capire. Nel dibattito, chiariamo prima di tutto di quale intelligenza vogliamo parlare. Continua a leggere E’ questione di intelligenza

Eclettismo ecclesiastico

I Papi si sono sempre interessati alla letteratura, se non di persona attraverso i loro inquisitori che ne fornivano occhiuti indici e volentieri mettevano ad ardere oltre ai libri anche gli autori ritenuti pericolosi. Una critica censoria, dunque, di tipo morale, rigidamente “distinzionista”, che sottintendeva un sospetto generale verso le scritture laiche: bastante il Libro Sacro, diretta emanazione divina, tutt’al più completato da breviari edificanti di preghiere e agiografie.
Ma i tempi cambiano, ragazzi! Ed ecco comparire nel caldo estivo del luglio scorso una lettera di Papa Francesco Sul ruolo della letteratura nella formazione. E scopriamo un completo rovesciamento strategico: l’obiettivo è sempre il miglioramento morale, ci mancherebbe, ma la letteratura adesso è vista come uno strumento utile, sia pure di mediazione e passaggio ad maiora, addirittura consigliabile nei seminari per la formazione dei futuri sacerdoti. Invece di rigettare le tentazioni diaboliche del “mondo”, il Santo Padre suggerisce di esplorare a fondo le pieghe del cuore umano, avendo a guida proprio le rappresentazioni letterarie. Continua a leggere Eclettismo ecclesiastico

E’ romanzabile Benjamin?

Ovviamente, la risposta è sì. Benjamin è “romanzabile” come qualunque altro personaggio storico. Anzi, se diviene personaggio di romanzo – come ad esempio, per dirne una, in Tutto il ferro della Torre Eiffel di Michele Mari – non si può neanche sindacare se corrisponda al profilo del Benjamin “vero” come risulta dagli atti, in quanto piuttosto c’è da domandarsi della sua funzione nel dispositivo narrativo in cui è incluso.
Quello però che si può obiettare è la “biografizzazione”, che nel caso del nostro autore significa ricondurre la sua teoria alle vicissitudini di un intellettuale erratico assai sfortunato e a vederne quindi i patemi d’animo, sbirciando magari nella sua problematica “camera da letto”, piuttosto che entrare nelle spire del suo pensiero: pensiero, del resto, estremamente complicato, per cui il biografismo offre una scorciatoia molto più comoda. Negli ultimi tempi, per altro, mi sembra che i commentatori tendano prevalentemente a riportarlo alle radici ebraiche, privilegiando il primo Benjamin a dispetto dell’ultimo, riducendo a inessenziale l’amicizia con Brecht e la collaborazione con la Scuola di Francoforte a necessaria provvigione per sbarcare il lunario. Come se fosse possibile, insomma, liberare il nano gobbo della teologia dall’automa marxista, per usare una fondamentale allegoria dell’autore stesso. Continua a leggere E’ romanzabile Benjamin?

La critica di una volta – ma quale?

Su “la Repubblica” del 6/6/2024 è comparsa una intervista al critico americano Daniel Mendelsohn che lamentava il cattivo stato della critica letteraria attuale, ormai diffusa nella rete senza distinzioni di competenze e quindi affatto priva di autorevolezza. «Siamo invasi da critiche, o presunte tali – a domanda risponde l’intervistato, – di persone improvvisate, senza alcuna preparazione accademica. La parola chiave di questa nuova tendenza è self/auto». Non è un discorso nuovo: ma ad avermi colpito è stato il titolo della pagina, a grandi caratteri, “Non esiste più la critica di una volta”, perché mi sono chiesto: quale sarebbe la “critica di una volta”? Ho passato la mia vita di insegnante a spiegare agli studenti che c’erano sempre parecchi metodi in campo, mica uno solo, per cui volevo vederci più chiaro su quale “critica di una volta” qui vertesse il rimpianto.
Ho pensato allora di rivolgermi al libro che Mendelsohn presentava nell’intervista, Estasi e terrore, uscito alcuni mesi fa per le edizioni Einaudi, in modo da capire meglio e di confrontarmi a ragion veduta. Perché anch’io sono convinto della crisi della critica, ma forse non pensando alla stessa cosa… Continua a leggere La critica di una volta – ma quale?