Ricevo e pubblico volentieri un nuovo scritto di Antonio Amendola, anche questa volta dedicato all’arte del suono.
LA VOCE NEL PAESAGGIO SONORO
Anche nel paesaggio sonoro possiamo notare un evidente e sostanziale incontro tra monodia e polifonia, un rumore, un suono, una voce presentano altri materiali che si stratificano, creando, spesso sovrapposizioni con infinite possibilità. Un paesaggio sonoro si caratterizza per dei segnali, delle impronte, delle toniche, un variegato mosaico di presenze sonore, come dentro un film si possono notare primi piani, campi lunghi, controcampi e piani-sequenze.
Ovviamente la voce si caratterizza per un altro elemento di cui sono sprovvisti gli altri strumenti, ovvero la testualità che si esprime attraverso la scrittura e vive un dialogo tra comprensione e non, a discapito delle volte della musica nel suo significato più astratto e altre volte del significato che la scrittura possiede. Possiamo notare in una voce il tono il suo timbro, indipendentemente da quello che sta dicendo, dalla difficoltà di comprensione sia per la complessità del linguaggio utilizzato, sia per fattori esterni ovvero elementi naturali e non, intesi come interferenze, gesti, azioni, deviazioni linguistiche dall’originale che possono mascherare una voce rendendola illeggibile (sirena, tuono, bus pioggia ed altro). Passeggiando in un ambiente naturale ho potuto constatare in campo lungo il rombo di un aereo e il rumore delle automobili, poi l’abbaiare di cani, poi voci indistinte di corridori a piedi e in bicicletta questo tipo d’orchestrazione ci suggerisce che le voci, ovvero la voce non è mai da sola in un paesaggio sonoro, quindi è soggetta ad una molteplicità di interferenze, che spesso producono una sospensione, un mascheramento al testo che producono altri suoni e altri rumori presenti in quel contesto.
In un film di Luis Buñuel, Il fascino discreto della borghesia, lavoro intriso di malintesi, equivoci e capovolgimenti, Michel Piccoli al telefono sta parlando con tono determinato e risoluto quando ad un tratto si sente il rombo di un aereo che sovrasta le parole e le annulla, un caso di interferenza che priva la voce del suo aspetto timbrico e testuale, per quanto riguarda l’aspetto polifonico riferito ad una situazione altamente collettiva (stazione treno, aeroporto, stadio, centro commerciale, teatro, cinema, scuola, parco, e tanto altro).
Spesso il testo è negato dalla molteplicità sia dei suoni che delle lingue vocalizzate, questo per dire come la voce può creare distanze, percorsi inaspettati il significato spesso si perde e si accentua la sonorità non solo per la complessità della scrittura ma per la situazione dell’ambiente.
16/12/2020
Il panorama sonoro delle nostre città sta cambiando, è capitato di parlarne con Tonino. Dopo la vista, l’udito per paradosso fa parte di quelle facoltà “silenti” che varrebbe la pena risvegliare: in questo brodo siamo così immersi da non farci quasi più caso. Il discorso riguarda il tema della modernità e l’irruzione degli stimoli sonori dell’ambiente urbano sulla nostra sensibilità musicale e non solo: lo avevano capito bene coloro tra i futuristi che su questa linea si erano industriati a sperimentare nuovi strumenti musicali. Il punto centrale è che la città rappresenta il luogo di conflitto tra sonorità della tecnica e quella (sempre più muta) della natura. E tuttavia anche quest’ultima per conseguenza è andata incontro a un adattamento (se proprio non si vuol parlare di stravolgimento): pensiamo al verso dei gabbiani che da non molti anni invade i cieli cittadini. D’altra parte, a livello individuale, i nuovi suoni della tecnologia avanzano: a chiunque sia capitato di sottoporsi a una risonanza magnetica non sarà sfuggito il ritmo e la tonalità persino di questo freddo, improbabile strumento sonoro.
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