Questa volta il libro del giorno non è proprio appena uscito, ma tengo molto a segnalarlo facendo ammenda del ritardo.
Armando Adolgiso è un autore lanciato nel futuro, già da tempo deciso a intervenire e a pubblicare nella rete, come luogo giusto di innovazione e di battaglia culturale. E da tempo collabora al sito Nybramedia, in particolare con la sua rubrica Cosmotaxi (http://www.adolgiso.it/public/cosmotaxi/default.asp; link anche nella colonna di destra) dove inserisce tra l’altro interviste “fantascientifiche” che, svolte da un’astronave come sono, vengono dedicate di volta in volta a scrittori e intellettuali “alieni”. Interviste sempre spiritose nel duplice senso dell’ironia e del rimando enologico…
Sono ora in rete anche i suoi due libri editi in cartaceo negli anni Ottanta: Il resto è silenzio (1982), serie di paratesti introduttivi e di commento a un testo che, in definitiva, non esiste; e Film senza film (1986), grandioso romanzo parodistico che si svolge davanti ai nostri occhi nel rapporto dell’autore con i personaggi che sono noti eroi ed eroine della letteratura inviati ad intrecciarsi in altri “mondi possibili” a loro non appropriati, per cui alla fine il testo è «una somma ubriaca di avvenimenti incongrui e folli che s’inseguono attraverso anni e pagine sbronzando l’esistenza e i sogni».
Un nuovo libro è in rete, s’intitola Sette coccodrilli:
Fai clic per accedere a armando_adolgiso_sette_coccodrilli_eBook.pdf
In esso l’autore s’immagina defunto e prevede i sette “coccodrilli” ‒ non gli animali, ma i necrologi giornalistici ‒ che gli verranno dedicati post mortem. Perché sette? L’autore risponde: «Perché tante sono le lettere che compongono il mio nome: armando»; sia pure, ma sette, ovviamente, è un numero dalle molte associazioni mitiche e culturali (i magnifici sette, le stelle dell’Orsa, i re di Roma, il settimo cielo, sette e non più sette, ecc.). Quindi, vada per il sette, che è un numero dispari e quindi si addice alla disparità dei brani. Perché in essi si succedono sette voci differenti, a caratterizzare ciascuna un personaggio tipico. Seguendo, uno per uno:
‒ L’Astioso che, sia incuria o volontà denigratoria, commette vari errori (storpiando perfino il nome in “Adalgiso”) e finisce per dir male:
Trascurato dalla critica, respinto da più editori, ignorato da troppi lettori, fu questo il suo destino di cui talvolta si mostrava fiero (ma dobbiamo credergli?), o non c’era forse dietro quella sua fanciullesca insolenza, inconfessata amarezza? Chissà!
‒ L’Egoista, che invece di parlare del caro estinto finisce per parlare di se stesso:
Mi scuso con la Redazione per queste poche righe che in¬vio rispondendo all’invito richiestomi di scrivere su di lui, ma sto annegato nella correzione delle bozze di “Interviste a me stesso” che uscirà per l’editore L’Abisso il mese prossimo.
‒ Il Filosofo, che coglie l’occasione per meditare sulla morte in toni astrusi e cervellotici:
E la morte?
La morte arricchisce e spiega la realtà materiale, e unifica in una sola prospettiva gli ideali, gli spiriti, gli enti di ragione e anche tutto quanto si coglie con i sensi.
A me è cara la visione stoica che va da Zenone a Seneca.
‒ L’irregolare, che regala all’autore il destro per un gustoso pastiche di linguaggio parlato:
Certo che ne abbiamo di roba! Nel senso di ricordi. Eppure sai che abbiamo detto ieri con Rita e Leo Er Secco?… Che sei da invidiare…
Sì, proprio così. Non ci crederai. Da invidiare. Ti sei tolto dai cogli cogli con tutto il carico.
E te ne stai comodo là, tranqui.
Mo’ esco. Ho capito che non ti va di parlare.
Prima o poi m’assommo a te. Ciao, ci ribecchiamo a ʼna certa.
‒ La Modaiola, che rievoca abbigliamento e nuances:
Quando veniva a trovarmi, non potevo fare a meno di no¬tare l’accurata combinazione dei colori fra giacca, pantaloni, camicia… ora una sinfonia di grigi, ora una suite azzurrina.
‒ La Poetessa (forse il brano più ferocemente satirico di tutti) che gli dedica versi retoricissimi e si spiega così una sua, comprensibile per noi, ritrosia:
Ricordo quella volta che al telefono si scusava perché non gli era possibile venire ad ascoltare un mio recital di versi ap¬pena pubblicati… era stato colpito da una febbre improvvisa e si capiva quanto gli dispiacesse quell’impedimento.
‒ Per ultima viene la Scalognatrice, che nemmeno la debita scaramanzia è riuscita a fermare:
Scrivo questo ricordo di Armando confessando che ebbi uno strano presentimento l’ultima volta che lo vidi poco prima della sua scomparsa. Tanto che gli chiesi se si sentisse bene. Tuffò le mani in tasca con quel suo modo spavaldo e mi rispose che sì, andava tutto bene. Restai dubbiosa. E insistetti. Allora cavò un mazzo di chiavi da una tasca e mettendomele sotto il naso le agitò dicendomi d’avere fretta d’andarsene per un certo appuntamento a casa sua.
Esercizi di stile ben condotti e rivolti in autoironia sull’autore stesso (magari con un pizzico di esorcismo). Si può dire che Adolgiso abbia portato alle estreme conseguenze la morte dell’autore diagnosticata da Barthes! Mantenendo sempre una doppia voce, in quanto ogni brano è preceduto dal commento dell’autore, “morto che parla”, a mettere in chiaro le strategie dei diversi personaggi, l’esito è quello dell’humour noir. In questa prova, Adolgiso non solo conferma la sua tecnica di “sottrazione” e di “resistenza del nulla” contro la forma narrativa (perché alla fine non si racconta niente e a smentire lo scritto l’autore è ben vivo e vivace), volgendo al registro del bizzarro e dello stravagante, ma compie anche un giusto rovesciamento dell’autobiografismo oggi imperante: tutti i possibili dati riguardanti l’autore, infatti, sono schermati e resi “dubitabili” dalla forma-coccodrillo, eminentemente ipocrita.