Conoscevo il Benjamin und Brecht di Erdmut Wizisla, perché, mentre scrivevo il mio Brecht con Benjamin, l’ho consultato nella edizione originale tedesca con l’ausilio di una traduzione inglese. Adesso lo si può leggere tranquillamente in italiano, tradotto da Fabio Tolledi per le edizioni Kaiak di Pompei; il titolo è stato mantenuto: Benjamin e Brecht, storia di un’amicizia.
È un libro prezioso per varie ragioni. Frutto di una ricerca di prima mano, presenta diversi materiali dispersi negli epistolari, poco conosciuti o inediti. Diviso in 5 capitoli, non segue soltanto la cronologia a sfondo biografico dei due autori, ma dedica spazio anche alle loro opinioni e allo sfondo teorico del loro confronto. Inoltre, il capitolo centrale è dedicato alla vicenda della progettata rivista “Krise und Kritik” che, proprio perché non giunta a compimento, risulta significativa dell’intricata situazione degli anni Trenta del Novecento, e presenta motivi di interesse sia nelle intenzioni progettuali che nelle discussioni preparatorie.
Il libro, che rappresenta in modo inoppugnabile l’“amicizia” tra Walter Benjamin e Bertolt Brecht (WB e BB), va controcorrente rispetto al grosso della critica benjaminiana odierna che fa di tutto per separarli, in modo da dar risalto piuttosto alla tradizione ebraica che non al marxismo, sia pur eterodosso. Vedi Sigrid Weigel, secondo la quale «la stima che Benjamin ha tributato al Brecht del periodo di Mahagonny (…) rimane un mistero». Wizisla, volontariamente o no, si situa agli antipodi di queste posizioni e ci mostra la logica di quel supposto “mistero”. Continua a leggere Perché WB e BB devono essere pensati insieme
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I seminari della LUNA: Jameson in lungo e in largo
Il semestre della LUNA si è chiuso con un seminario speciale interamente dedicato alla figura di Fredric Jameson. Come indica il titolo, Jameson in lungo e in largo, è stato affrontato l’intero percorso del saggista americano, dagli inizi degli anni Settanta alla scomparsa, avvenuta nel settembre dello scorso anno, passando per le citazioni delle opere principali e i problemi più acuti delle sue sempre sottili argomentazioni.
Un’opera mastodontica e complessa, senza dubbio, che ingloba e mette in comunicazione i diversi metodi critici (dallo strutturalismo alla psicoanalisi, dalla mitocritica alla decostruzione) sotto l’egida di un marxismo rinnovato e duttile che addita l’orizzonte imprescindibile della “storia dei modi di produzione”.
Chi volesse seguire l’intero seminario lo trova a questo link:
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E’ romanzabile Benjamin?
Ovviamente, la risposta è sì. Benjamin è “romanzabile” come qualunque altro personaggio storico. Anzi, se diviene personaggio di romanzo – come ad esempio, per dirne una, in Tutto il ferro della Torre Eiffel di Michele Mari – non si può neanche sindacare se corrisponda al profilo del Benjamin “vero” come risulta dagli atti, in quanto piuttosto c’è da domandarsi della sua funzione nel dispositivo narrativo in cui è incluso.
Quello però che si può obiettare è la “biografizzazione”, che nel caso del nostro autore significa ricondurre la sua teoria alle vicissitudini di un intellettuale erratico assai sfortunato e a vederne quindi i patemi d’animo, sbirciando magari nella sua problematica “camera da letto”, piuttosto che entrare nelle spire del suo pensiero: pensiero, del resto, estremamente complicato, per cui il biografismo offre una scorciatoia molto più comoda. Negli ultimi tempi, per altro, mi sembra che i commentatori tendano prevalentemente a riportarlo alle radici ebraiche, privilegiando il primo Benjamin a dispetto dell’ultimo, riducendo a inessenziale l’amicizia con Brecht e la collaborazione con la Scuola di Francoforte a necessaria provvigione per sbarcare il lunario. Come se fosse possibile, insomma, liberare il nano gobbo della teologia dall’automa marxista, per usare una fondamentale allegoria dell’autore stesso. Continua a leggere E’ romanzabile Benjamin?
Seminario “Critica della critica”: la linea di Montale in Sanguineti e Curi
Alla ripresa autunnale, il ciclo dei seminari intitolato “Critica della critica” è proseguito affrontando il tema “La linea di Montale in Sanguineti e Curi”. Si trattava di capire i metodi e gli esiti di una certa critica di ispirazione marxista che agisse in maniere molto aperte, col principale riferimento a un atipico come Walter Benjamin. Analizzando Montale, infatti, l’attenzione dei due critici, in momenti diversi, viene data sì all’autore ma includendolo all’interno di una storia; non però la storia come sfondo appiccicato per forza di cose, ma la storia letteraria come luogo di conflitto. Ecco quindi Montale posizionato in una “linea”: segnatamente la “linea crepuscolare” che emerge dal saggio sanguinetiano del 1954.
Chi volesse ascoltare o riascoltare la registrazione del seminario, può passare da qui:
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“Passages” per Mauro Ponzi
Ricordo con grande affetto la figura di Mauro Ponzi, che conoscevo fin dagli anni seguenti la laurea: eravamo insieme all’inizio degli anni Settanta nel collettivo dei “Quaderni di critica” e insieme a un altro grande “compagno dei Quaderni”, Aldo Mastropasqua – purtroppo lui pure scomparso prematuramente – ci scapicollavamo sui campetti di calcio, dopo il dibattito e gli studi.
Per ricordare Mauro è da poco uscito un bel volume, assai ampio, pubblicato dall’editrice Mimesis, che lo aveva a direttore di collana. Il titolo è Passages. Scritti in ricordo di Mauro Ponzi. In copertina reca una originale autocaricatura. I curatori sono Gabriele Guerra e Daniela Padularosa, suoi stretti collaboratori. E poiché Ponzi non era solamente un esperto germanista, ma un intellettuale e scrittore a tutto campo e a tutto tondo, il libro sorprende per la varietà degli interventi che lo costellano, tutti di grande interesse: ve ne sono non solo in tedesco, ma anche in francese, non solo di osservanza accademica e soprattutto nessuno ve ne è che manchi di un risvolto personale. Cosa insolita in un volume di omaggio è trovare continui riferimenti – di qualunque cosa si parli – a momenti di confronto, di stimolazione intellettuale, di coinvolgimento pratico, dove si dimostra come Mauro Ponzi producesse e facesse sorgere intorno a sé attività, occasioni di confronto e soprattutto entusiasmo. Continua a leggere “Passages” per Mauro Ponzi
Ecco a voi il Benjamin di Jameson
Che Benjamin facesse parte della costellazione teorica di Frederic Jameson era chiaro fin dall’inizio della sua attività, visto il capitolo dedicatogli già in Marxismo e forma (1971). In seguito, Jameson ha ripercorso gli snodi di quel “marxismo occidentale” in odore di eresia, anche dopo aver scoperto il postmoderno, trattando di Adorno (1990), di Brecht (1998) e mettiamoci anche il saggio su Lukács nel monumentale volume Valences of the dialectic (2009). E non per caso Benjamin era stato evocato nel capitolo conclusivo dell’Inconscio politico (1981). Dato che, solo pochi anni fa, il critico americano era entrato con un importante contributo nel dibattito teorico sull’allegoria (Allegory and Ideology, 2019), non c’è da stupirsi se il passo successivo sia stato quello di affrontare direttamente l’autore che più d’ogni altro si era mosso proprio nella connessione tra allegoria e marxismo. Ed ecco allora questo The Benjamin files, pubblicato in lingua inglese nel 2020 e tradotto da pochissimo con buona prontezza da Treccani per la cura di Massimo Palma, sotto il titolo Dossier Benjamin (nell’immagine in evidenza ho estratto un particolare della copertina originale, ispirata a un poster di Gustav Klutsis). Continua a leggere Ecco a voi il Benjamin di Jameson