I seminari della LUNA: L’allegoria in Caproni

I seminari sull’allegoria hanno compiuto un nuovo passo occupandosi della poesia di Giorgio Caproni. Un autore oggi tra i più apprezzati dalla critica e dotato di un suo proprio percorso ben distinto. Quanto all’allegoria, Caproni inizia proprio con il titolo Come un’allegoria, riferito a questi versi di Borgoratti: «Come un’allegoria / una fanciulla appare / sulla porta dell’osteria»; indubbiamente, in quegli anni Trenta del Novecento, Caproni non ha bandito l’allegoria, come voleva il senso comune di allora, tuttavia si assiepano vari interrogativi: l’allegoria si presenta come comparante di una similitudine, quindi la fanciulla sembra un’allegoria, ma non lo è; in che cosa le somiglia, cioè quale allegoria ha in mente Caproni? E se ha l’aria di essere un’allegoria, forse un senso allegorico si è insinuato in quella scena di realismo popolare…
Chi volesse seguire il seminario, lo troverà a questo link:

Il seminario ha esaminato la questione su alcuni testi-chiave (oltre a Borgoratti, le Stanze della funicolare e il Congedo del viaggiatore cerimonioso), andando poi d analizzare soprattutto gli sviluppi della fase che va dal Muro della terra a Res amissa, una fase ossessionata dalla scomparsa di Dio che si invera esattamente nel suo eclissarsi. È il Caproni della “ateologia” e della perdita del senso, inseguito vanamente dalle immagini del “cercatore” e soprattutto del “cacciatore” e della “preda”, figure che si specchiano nel proprio contrario, fino alla decostruzione del Senso con la maiuscola. Dunque una allegoria della perdita o un’“allegoria del nulla” (per dirla con il Lukács critico di Kafka). Per pervenire a un testo frantumato e pieno di lacune, che coincide con la frammentazione dell’allegoria pensata da Benjamin come un “lavoro con le rovine”.

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