Conoscevo il Benjamin und Brecht di Erdmut Wizisla, perché, mentre scrivevo il mio Brecht con Benjamin, l’ho consultato nella edizione originale tedesca con l’ausilio di una traduzione inglese. Adesso lo si può leggere tranquillamente in italiano, tradotto da Fabio Tolledi per le edizioni Kaiak di Pompei; il titolo è stato mantenuto: Benjamin e Brecht, storia di un’amicizia.
È un libro prezioso per varie ragioni. Frutto di una ricerca di prima mano, presenta diversi materiali dispersi negli epistolari, poco conosciuti o inediti. Diviso in 5 capitoli, non segue soltanto la cronologia a sfondo biografico dei due autori, ma dedica spazio anche alle loro opinioni e allo sfondo teorico del loro confronto. Inoltre, il capitolo centrale è dedicato alla vicenda della progettata rivista “Krise und Kritik” che, proprio perché non giunta a compimento, risulta significativa dell’intricata situazione degli anni Trenta del Novecento, e presenta motivi di interesse sia nelle intenzioni progettuali che nelle discussioni preparatorie.
Il libro, che rappresenta in modo inoppugnabile l’“amicizia” tra Walter Benjamin e Bertolt Brecht (WB e BB), va controcorrente rispetto al grosso della critica benjaminiana odierna che fa di tutto per separarli, in modo da dar risalto piuttosto alla tradizione ebraica che non al marxismo, sia pur eterodosso. Vedi Sigrid Weigel, secondo la quale «la stima che Benjamin ha tributato al Brecht del periodo di Mahagonny (…) rimane un mistero». Wizisla, volontariamente o no, si situa agli antipodi di queste posizioni e ci mostra la logica di quel supposto “mistero”. Continua a leggere Perché WB e BB devono essere pensati insieme
Archivi categoria: Le uscite
Juan Carlos Rodríguez e le articolazioni del Barocco
Juan Carlos Rodríguez (1942-2016) è stato un brillante teorico e critico letterario, legato al marxismo, ma con prodigiose messe a punto, mentre tutti erano impegnati in rapide retromarce… La sua base fondamentale consiste nell’individuare, per ciascuna epoca storica, la “matrice ideologica”: in questo modo l’ideologia non è più considerata come una mera efflorescenza del modo di produzione, bensì come una radice profonda che tiene insieme quelle che una volta si chiamavano struttura e sovrastruttura, nella consapevolezza che nessuna organizzazione del lavoro potrebbe funzionare senza l’addestramento di un soggetto ad essa adeguato: di qui l’importanza fondante dell’identità, di quello che Rodríguez chiama l’“io sono”, determinante per qualsiasi vita sociale.
In particolare l’opera di Rodríguez ha puntato a precisare i termini delle questioni approfondendo, precisando e articolando il vocabolario teorico, troppo spesso generico e confuso. Alcuni suoi libri importanti sono usciti proprio con il titolo “di cosa parliamo?”: De qué hablamos cuando hablamos de literatura (2002) e De qué hablamos cuando hablamos de marxismo (2013). Una interrogazione interminabile, che ha tenuto insieme Marx e Freud, Brecht e Borges, toccando i classici della letteratura (il massimo: Don Chisciotte) e i fenomeni quotidiani come la moda o il tango. Continua a leggere Juan Carlos Rodríguez e le articolazioni del Barocco
Per un autobiografismo sostenibile
A riflettere sull’autobiografismo tanto in auge oggi può aiutare un romanzo “autobiografico” (ma tra virgolette…) come Bambine di Alice Ceresa, uscito da Einaudi nel 1990 e ora ripubblicato in edizione riveduta dall’editore Casagrande di Bellinzona, per la cura di Tatiana Crivelli. Nella nuova veste controllata sui materiali d’archivio, la curatrice ha ripristinato i capitoli-cornice (primo e ultimo) che Ceresa voleva fossero stampati in forma di versi, mentre Einaudi li mise in prosa e in corsivo; inoltre ha segnalato il titolo proposto dall’autrice, La cacciata dal paradiso, ponendolo come sottotitolo. Il testo è poi completato da interviste, lettere e un’utilissima postfazione della stessa Crivelli.
Alice Ceresa era nata in Svizzera (di qui l’interessamento dell’editore e delle università di quel paese), ma ha scritto prevalentemente in italiano e in particolare è stata apprezzata nella temperie del Gruppo 63. Nel suo primo romanzo, La figlia prodiga, apprezzato da Giorgio Manganelli, la ribellione al senso comune è affrontata con lo stile del trattato: la “figlia prodiga” è l’autrice, sì, ma solo attraverso l’astrazione della definizione di una particolare forma di comportamento che è appunto la “prodigalità”. In Bambine, che è la storia di due sorelle dall’infanzia all’adolescenza, il materiale autobiografico è più evidente, e tuttavia… Continua a leggere Per un autobiografismo sostenibile
Mori & C. alle Giubbe Rosse
Il libro di poesia è diventato ormai un veicolo che non fa molta strada: è escluso dal mercato e trova anche in libreria spazi assai angusti e riservati a pochi, coinvolto nella crisi generale del “cartaceo”, ma ulteriormente svantaggiato in quanto prodotto che “non si vende”. Ecco allora che la poesia, se pure si deposita in pagine, è forzata ad uscirne all’esterno ed è bene che trovi spazio in presentazioni, letture e circostanze simili. C’è tutta un’attività poetica che si disperde nell’evento, nell’effimero – come si diceva un po’ di tempo fa – e rischia di non restare nella memoria nemmeno di chi vi ha preso parte. Tanto più, poi, quando la sua realizzazione è in forma di performance e il libro eventuale solo un supporto o un vago testimone.
Della poesia performativa Massimo Mori è un autorevole rappresentate e il principale dell’area fiorentina. Già autore di una preziosa raccolta tesa a illustrare iniziative, gruppi e riviste (Il circuito della poesia, Manni, 1997), Mori aggiorna ora il suo panorama con particolare riguardo a serate, interventi, convegni e quant’altro è stato organizzato nell’entourage dello storico caffè delle Giubbe Rosse: titolo del libro è Assolo corale per le Giubbe Rosse e lo ha pubblicato Florence art in data 2024 in una molto elegante edizione ricca di illustrazioni. Continua a leggere Mori & C. alle Giubbe Rosse
Volponi critico d’arte
Degli autori che stimiamo vogliamo giustamente sapere tutto e nessun documento di qualsiasi tipo è sprecato per illuminarli da ogni lato, sia pur secondario. Anzi, più le attività si allontanano dal centro verso interessi marginali e più la personalità se ne avvantaggia con l’apparire poliedrica.
Nel caso di Paolo Volponi, in realtà, l’esistenza di scritti dedicati all’arte (ora disponibili nel volume di Electa, Scritti critici 1956-1994) non dovrebbe stupire: basta infatti guardare tra le righe sia dei romanzi (che so, l’inventario di Trasmanati in Corporale) che delle poesie (il Presidente raffigurato come l’infante auratico delle pale d’altare) per rendersi conto di quanta competenza ci sia nell’ambito dell’arte figurativa. Ora, la figlia Caterina, nella nota all’inizio del volume (Paolo Volponi collezionista: qualche ricordo famigliare), ci fa capire come questo interesse – neanche tanto economico, ma una vera incoercibile passione – fosse profondo e vissuto, a corroborare la spinta culturale complessiva.
E dunque questo volume che comprende presentazioni di mostre, cataloghi, articoli su “Alfabeta”, interviste e molto altro, lungo un arco che copre tutta la vita dell’autore, è possibile leggerlo come un ulteriore capitolo della scrittura volponiana. Continua a leggere Volponi critico d’arte
Andrea Inglese non fa storie come gli altri
Storie! Storie! È quello che il pubblico desidera, che vuole, che consuma con passione, una storia tira l’altra altrimenti se ne sente l’astinenza, le storie prendono, tirano e si vendono… La curiosità indiscreta del lettore comune (sebbene in diminuzione numerica perché attratto da ben altre “serie”) ne fa man bassa e tanto più se storie di dolore e sofferenza, aureolate dal fatto di essere prodotte da esperienze autentiche, patemi dell’autore stesso in carne ed ossa. Prendono, tirano e si vendono ancora le storie del soggetto familiare, teste l’ultimo Strega con uno del padre e uno della madre, così da non far torto a nessuno in par condicio. Siamo avvolti nelle storie (e anche la retorica politica ce ne racconta un sacco).
Mi ha incuriosito, allora, il titolo dell’ultimo libro di Andrea Inglese, Storie di un secolo ulteriore, edito da DeriveApprodi. Non solo il titolo generale, ma anche il titolo dei singoli brani (o raccontini) contiene la fatidica parola: Storia del giro, Storia con cadaveri, e via di seguito “storieggiando” fino alla fine. Che si sia convertito all’andazzo corrente? Ma da Inglese, poeta prestato alla narrativa e proveniente dall’esperienza “fuori dei generi” dell’antologia Prosa in prosa, dove sta proprio in prima posizione con i suoi Prati, c’era da aspettarsi qualcosa di diverso. E infatti. Continua a leggere Andrea Inglese non fa storie come gli altri