Daniele Poletti non è soltanto l’animatore delle edizioni [dia•foria, una delle poche case editrici degne del nome, disposta a ripubblicare gli autori sperimentali ormai introvabili e a rilanciare la prospettiva in avanti con nuove proposte e in particolare con l’antologia Continuo, “repertorio di scritture complesse”, una operazione altamente meritoria; Poletti, dicevo, è anche autore in proprio e di spessore all’altezza dei testi che produce in qualità di editore.
Lo dimostrano I taglienti, opera pubblicata di recente dalle edizioni di Anterem. I taglienti vengono da lontano, sono frutto di una ricerca attenta e rigorosa; una loro prima raccolta era datata 2021 e avevo potuto scorrerla e apprezzarla per concessione dell’autore. Questa nuova edizione, che si avvale di un ampio saggio introduttivo di Luigi Severi, mi ha dato modo di farne una lettura più approfondita, che qui provo a svolgere sinteticamente, in attesa di ulteriori sondaggi.
Scrittura complessa davvero e addirittura riguardo al genere, perché parlare di “poesia” è solo un ricorso provvisorio in mancanza di meglio (di sicuro non appartiene al genere “lirico”). Chiamiamola “scrittura” ed eviteremo di sbagliare. Oppure “testo”. Va bene anche “opera”, perché possiede un evidente valore visivo. Di fatto, i brani che compongono il libro reinventano, di volta in volta, le loro diverse soluzioni e perfino le disposizioni, tanto che – se è vero che in qualunque libro si devono girare le pagine – qui il verbo girare assume a pieno il suo significato, perché in vari casi è il libro stesso che va messo in orizzontale con uno spostamento di 90°…
Varie pagine sono vere e proprie tavole (c’è un titolo che dice: Tabula) e costringono a una lettura non lineare, come avviene quando si “legge” un quadro, che non si sa bene da quale punto si debba iniziare, così qui spesso nei vari blocchetti di scrittura disseminati tutt’intorno, purtroppo talora rimpiccioliti per far entrare tutto nella pagina (ci sarebbe voluto un formato molto più grande, ma tant’è, il senso è chiaro lo stesso). Oppure figure accoppiate a parole (impronte di pietre, vetri incrinati e quant’altro) o inserite nel testo, grafemi e frecce di spostamento, perfino tratti di cancellatura. Suppongo che sia proprio la logica visiva che ha portato all’assenza dei numeri di pagina a evidenziare l’aseità di ogni testo-immagine.
Proprio nell’introduzione (che invece giustamente ha le pagine numerate), Luigi Severi parla di questo pluralismo formale, che ha valore estetico di rinnovamento della percezione, ma non esclusivamente:
I Taglienti di Poletti stanno appieno dentro questa battaglia, rappresentandola con radicalità di mezzi. Se la realtà e i suoi linguaggi sono giocoforza al centro dell’azione di decrittazione del mondo, allora l’azione estetica, perché diventi politica, si pone come riscrittura assoluta: tutti i codici saranno scoperchiati; tutte le tecniche utilizzate (glossa, didascalia, traduzione iconologica, collage, pastiche, cut-up).
“Sovversione” è un termine che Poletti ha avuto il coraggio di usare: ed effettivamente nei Taglienti vi è un attacco al cuore della lingua nelle sue stratificazioni diacroniche e sincroniche, avvalendosi di interventi sia sul corpo della parola, sia sul coordinamento sintattico.
E c’è una particolare passione per la molteplicità delle forme. Talvolta si avvicinano alla prosa allargandosi all’intera pagina, talaltra si verticalizzano in elenchi e colonne. I testi sui quali si può provare a fare più tranquillamente un’analisi – e si può parlare forse in tal caso di “poesie” – si trovano nella parte centrale del libro, sotto il titolo di Quadranti (in quanto tendono a costituire dei blocchi di una diecina di versi lunghi). Propongo questo campione:
Ogni singola è adesso una di gesture un
delle sue ribelliagioni o ombra dell’albero
che messo in dai coleotteri assunto ligneo
espira per in certi dello momenti alle spalle
tracciati nell’esploso braccati degli che scivolano
in certi materia di animali stimulus
di frastaglie levature naturali obbligate nel che
si avvertito come eco di virgole in vestiboli:
Persino la pentola della città di lasciata
cadere dal tetto per la nuova nascita.
Ho scelto, per dare un’idea, un testo particolarmente sconnesso. Si potrebbe parlare di “anacoluto feroce”. La frase si scompensa di continuo, va a salti o sembra suggerire delle lacune, difficili da riempire intuitivamente. Per esempio, all’inizio, “ogni singola” potrebbe sottintendere “parola”, ma non è assolutamente sicuro. C’è lessico obsoleto (gesture, ribellagioni, frastaglie, il latino stimulus); ci sono riferimenti vegetali (l’albero) e animali (i coleotteri) e tuttavia sembrano perdere la loro normalità naturale, perché si viene invece colpiti da termini come “esploso” e “braccati” che mettono inquietudine e sfumature conflittuali. Incongruenze surrealiste sono, poi, le “virgole in vestiboli” e la “pentola della città” che ironizzano la ricerca del senso, il quale senso poi sta, credo, nel verso finale della caduta come nascita (cioè: bisogna perdersi per trovarsi…). Non a caso dei Quadranti si dice che «non guardano nessuno non si aprono su nulla».
Ma è interessante anche il sottotitolo della raccolta: «trusioni e sfalci dell’Ordet»: la “trusione” è inserimento, spinta; gli “sfalci” sono tagli (ecco i “taglienti”) di ramificazioni o efflorescenze; infine “Ordet” (dal film di Dreyer) è la Parola, l’espressione folle che sconfina nel sacro. Ed eccoci al punto: sarà che questa parola anomala e quindi anti-utilitaristica (sovversiva, appunto) abbia qualche parentela con il sacro del passato, legato a un piano superiore? Se ne trovano tracce, è vero, ma ridotte a brandelli, in quanto il gesto-guida dei Taglienti non può che essere il taglio (inteso come stile, ma soprattutto come spezzatura e frammentarietà); oppure incluse in stranianti descrizioni. Se le avanguardie novecentesche si possono dividere il “calde” e “fredde”, l’operazione di Poletti bypassa questa suddivisione. Attenzione dunque ai “taglienti”: la loro chiave è l’ostico.
Quanto al saggio di Luigi Severi, che punta su “disambientazione progressiva” e “sovvertimento”, è davvero all’altezza dell’arduo compito. Segue le parti del libro senza esclusione, con acume e pazienza analitica. Già, perché questo è un testo che esige molto dal lettore: chiede di essere studiato.
14/04/2025