Tutto Giuliani

È uscito il volume con tutte le poesie di Alfredo Giuliani. S’intitola semplicemente Poesie. È stato curato dagli esperti Luigi Ballerini, Federico Milone e Ugo Perolino. L’editore è Marsilio. Comprende, naturalmente tutte le edite, partendo dalla precedente edizione feltrinelliana Versi e nonversi e proseguendo con le raccolte della seconda fase, Ebbrezza di placamenti e Poetrix Bazaar. Poi sono state reintegrate le poesie della primissima raccolta, Il cuore zoppo, non più ristampate, come pure le varie poesie sparse e disperse (ad esempio quelle date ai libretti di artista di Cosimo Budetta e anche quelle inserire nell’“Almanacco Odradek”, curato a suo tempo da me con Lunetta e Sproccati). Non basta: sono aggiunti testi inediti tratti dalle carte del Centro Manoscritti di Pavia e vi si trova, tra le altre cose, quel testo a più mani che si situa all’origine dei Novissimi,  scritto con Balestrini e Porta come reazione a una retrospettiva di Schwitters. In mezzo al volume, spiccano le riproduzioni vivacissime delle poesie visive, stampate su carta patinata. Insomma, un’opera che più omnia non si può.

E in fin dei conti è un’opera davvero ingente. Mentre fino ad ora, con le precedenti edizioni selettive che recuperavano ogni volta il meglio, sembrava che Giuliani scrivesse poco… Come pure, lo sottolinea nell’introduzione Luigi Ballerini, può essergli nuociuto di aver fatto da pivot alla neoavanguardia, a partire dall’antologia dei Novissimi, poi ad apertura del convegno palermitano del Gruppo 63 e poi ancora da direttore di “Quindici”, come fosse la persona migliore a tenere assieme il collettivo. Così, passato alla storia il critico e il teorico, si è potuto bellamente sottovalutare il poeta.
Un altro motivo può essere stato la difficoltà di ridurlo a un’unica formula, ad un riconoscibile stilema. Giuliani, fedele all’imperativo avanguardistico di non ripetersi, ha cambiato, come scrive Federico Milone, un buon numero di “maschere”.

Le intonazioni più serie – scrive Milone – e i lampi improvvisi della grande poesia, da Cavalcanti a Verlaine, convivono infatti con giochi di parole, scherzi e buffi nonsense che appartengono alla linea comica e giullaresca della tradizione letteraria. In altre occasioni, toni all’apparenza oracolari o sapienziali sfumano e si raffreddano in battute graffianti, che sembrano uscite dalle bocche dei tanti istrioni affabulatori e canaglieschi della letteratura europea, come gli amatissimi personaggi di Lewis Carroll e l’Ubu di Jarry. Accanto a versi lunghi o addirittura a «poesie senza versi» stanno forme brevi o brevissime, talvolta simili agli haiku o ai limerick.

E, infatti, navigando a piacere tra le righe del libro, i lettori potranno agevolmente scegliere: se preferire l’incongruità della sequenza di È dopo oppure le battute slegate di Povera Juliet; farsi investire dal linguaggio neologista di parole-valigia e giochi verbali oppure dalla non-logica patafisica del Nostro padre Ubu; e ancora sarà da capire dove sta l’apice dell’opera, tra Il tautofono e Il giovane Max (assegnato quest’ultimo alla poesia, sebbene in prosa); persino nell’ultima raccolta, Poetrix Bazaar, c’è da decidere se aderire all’attualissimo antiantropocentrismo oppure prendere la strada di Chilosà, che è quella della filastrocca satirica. Dai testi iniziali del Cuore zoppo, si potrà utilmente vedere un giovane poeta che va velocemente liberandosi dal lirismo tradizionale a botte di Rimbaud.
La mia impressione, dopo essermelo riletto per bene, è che la via d’uscita sia precisamente l’ironia. L’ironia fa sì che non si possa credere fino in fondo alla suggestione delle immagini e quindi s’ha da rovesciarle nel particolare discordante. L’ironia fa pendere volentieri dalla parte del gioco e del nonsense. L’ironia può portare all’etica (sissignori!), ma un’etica che decreta il decadere di tutte le posizioni impancate e seriose, fossero pure le stesse teorie dell’avanguardia. Tant’è vero che in una occasione anniversaria (era il 1983, il ventennale) il nostro autore arrivò a dichiarare: «il Gruppo 63 non è mai esistito. Ha soltanto fatto finta di esistere, e c’è riuscito così bene che se ne parla ancora».
E sarà bene che se ne continui a parlare, magari a partire dalla Poesie di Giuliani.

19/03/2025

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