Ai nostri seminari di “Critica della narrativa” necessitava prendere in considerazione un romanzo caratteristico del periodo postmoderno: la scelta è caduta su L’incanto del lotto 49 di Thomas Pynchon. Sarebbero stati adatti anche altri autori e autrici sempre nell’area americana, ma Pynchon è sembrato il più rappresentativo; solo che i suoi romanzi risultavano troppo estesi (sono romanzi-fiume, romanzi-mostro) e il più contenuto era proprio uno dei primi, il Lotto, per l’appunto. Il testo è datato 1966 e questo dimostra che il postmoderno americano è stato ben in anticipo rispetto a quello nostrano, databile al 1980 de Il nome della rosa, mentre negli anni Sessanta era attivo il romanzo sperimentale del Gruppo 63.
Malgrado le dimensioni ridotte, l’analisi del testo ha avuto pur tuttavia il suo da fare per contenere i mille rivoli della narrazione, anche solo a voler stabilire di cosa parla il romanzo: una vendita all’asta? un servizio postale alternativo? curiose emissioni di francobolli e timbri con refusi? una società segreta che attraversa il corso della storia? un caso di paranoia? una burla riuscita? Tanto è spinto il pedale della digressione che del “lotto 49” del titolo si parla solo nella pagine conclusive… Mentre lungo tutto il testo realtà, storia, finzione e delirio s’intrecciano inestricabilmente.
Il seminario si può ascoltare a questo link:
Del postmoderno qui si rintracciano varie caratteristiche: oltre alla confusione tra realtà e finzione, c’è anche l’ironia, che si manifesta perfino nei nomi dei personaggi, a partire dalla protagonista Oedipa Maas; e poi il kitsch e la cultura di massa, a testimoniare il rovesciamento ornai invalso (in USA già a quell’altezza) tra cultura alta e cultura bassa; ancora il ricorso alla droga, fondamentalmente diverso da quello della beat generation, dove funge da strumento di rivelazione mistica, mentre in Pynchon contribuisce allo sperdimento del soggetto che vanamente cerca di tenere insieme la fluidità sua e dell’ambiente. La stessa struttura della ricerca che trova continui indizi viene messa in conto alla paranoia generale e quindi perde il significato di demistificazione del potere ufficiale. Non resta che l’esplorazione dei margini, dei residui del sistema come sembrano essere gli adepti della misteriosa posta clandestina. Manca però la prospettiva politica e non a caso i gruppi della contestazione giovanile universitaria (contrari alla guerra in Vietnam) vengono soltanto episodicamente sfiorati.
Pynchon dunque pienamente postmoderno? Dipende. Se pensiamo agli esiti del postmoderno in Italia, dove la “poetica della riscrittura” è consistita nella ripresa del romanzo leggibile secondo i dettami della vendibilità, il testo di Pynchon, questo e ancor più i successivi, appare decisamente anomalo, esagerato e ipertrofico.
Il dibattito inoltre ha portato a precisazioni interessanti sui temi dello statuto della rappresentazione e dell’interpretazione psicoanalitica.
18/04/2024