I seminari della LUNA: “La figlia prodiga” di Alice Ceresa

Per un caso non del tutto voluto ma accolto volentieri, il seminario del ciclo “Critica della narrativa” dedicato al testo di Alice Ceresa La figlia prodiga è caduto nella data dell’8 marzo. Giusto, è un testo che potrebbe a buon diritto definirsi “protofemminista”.
Il caso-Ceresa è interessante perché il contenuto decisamente radicale, fondato com’è sulla critica dell’istituzione familiare, viene svolto dall’autrice con un apparato altrettanto decisamente sperimentale. Il testo va a capo molto spesso in mezzo alla frase (quindi si avvicina alla poesia) ed è impostato come discussione e ricerca intorno al personaggio da parte di un “noi narrante” (scelta anche questa alquanto originale) che vi si approssima con un linguaggio pseudo-saggistico, per riflessioni, deduzioni e complicazioni di vario tipo, quindi generando un discorso al limite del genere propriamente narrativo. La figlia prodiga uscì nel 1967 inaugurando la collanina “rossa” dell’Einaudi, intitolata alla “Ricerca letteraria”.
Per seguire l’audio del seminario ci si può collegare a questo link:

Il seminario, seguendo la consueta griglia che parte dal contenuto, attraversa la forma e ritorna a concludere sull’ideologia del testo, ha evidenziato vari punti. Intanto, l’aspetto metalinguistico che elabora tutta una serie di distinzioni importanti, come quella tra persona e personaggio, tra simulazione e dissimulazione, tra ambivalenza e doppiezza; lo stato di stallo dell’inchiesta da parte del “noi narrante” che prende le distanze dalla figlia prodiga e, trattandola dall’esterno, pur con tutta la buona volontà possibile, non riesce mai a venire a capo della sua riottosa incomprensibilità; l’aspetto parodico di una figura che nasce, per l’appunto, come riscrittura al femminile del personaggio di una famosa parabola evangelica (il figliol prodigo), mancando però dell’enfasi del ritorno che contraddistingueva il corrispettivo maschile e articolando la sua specifica prodigalità in termini di ribellione, disubbidienza, contraddizione. Ancora, in particolare, l’equivalenza tra il ritrarsi della figlia prodiga, la quale non anela tanto al riconoscimento quanto alla conservazione della propria pervicace alterità, l’equivalenza, dico, di questo atteggiamento di rifiuto con il ritrarsi dell’avanguardia rispetto alla immediata comprensione del lettore, al quale ciononostante si rivolge.
Un esempio, dunque, davvero interessante, proprio nella misura in cui un simile approccio al tema della diversità è divenuto, nel quadro letterario odierno, quasi impensabile.

09/03/2024

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