Gruppo 70 in mostra

Nel 2023 (un “anno con il 3”) è caduto anche l’anniversario del Gruppo 70. Ebbene sì, malgrado il numero faccia pensare a una data diversa. Anzi, il Gruppo 70 può vantare di essere nato qualche mese prima del Gruppo 63 e la sua sigla è dovuta a una sorta lancio in avanti (per altro le attività collettive termineranno prima di quella data).
Il punto di partenza fu il convegno Arte e comunicazione, tenuto a Firenze nel maggio 1963 e i promotori furono soprattutto Lamberto Pignotti e Eugenio Miccini, accompagnati da altri artisti. Le manifestazioni del Gruppo, nel prosieguo degli anni Sessanta, si svolsero in parallelo con quelle del Gruppo 63, ma furono più spiccatamente rivolte alla sperimentazione verbovisiva e performativa. Ora una mostra presso la Galleria d’arte moderna di Roma a cura di Daniela Vasta (catalogo edito da De Luca Editori d’Arte) sotto il titolo La poesia ti guarda espone un rappresentativo manipolo di opere di Eugenio Miccini, Lamberto Pignotti, Ketty La Rocca, Lucia Marcucci, Luciano Ori, Roberto Malquori e Michele Perfetti. La mostra è completata da manifesti, pubblicazioni e documenti.

Una formula circolante nel Gruppo 70, andata a costituire il titolo di un secondo convegno, è quella dell’“arte tecnologica”. Il significato di tale indicazione tendenziale non è però quello di utilizzare particolari macchinari, all’epoca ancora poco disponibili rispetto a oggi, ma piuttosto sottolinea la presa di coscienza del cambiamento culturale, quello sì già sotto gli occhi, verificatosi con l’avvento della società dei consumi e in particolare con il mezzo televisivo. Mentre all’inizio degli anni Sessanta la poesia ancora si estenuava nel rimestare l’ermetismo e le sue vaghe suggestioni, proprio a Firenze, che dell’ermetismo era stata la sede principale, insorgeva una poetica che rifiutava di rifugiarsi nelle pieghe del vissuto o nella contemplazione elusiva di parvenze simboliche, e invece partiva dall’idea di un “io” specificamente operativo, teso a fare i conti con i nuovi linguaggi e con le icone della modernità. Di qui la tecnica principale utilizzata dal gruppo, quella del collage che tiene insieme immagine e parola e preleva lacerti dal giornale, dal fumetto (o dal fotoromanzo) e soprattutto dalla pubblicità che è il cuore pulsante del consumismo.
Daniela Vasta, nell’introduzione al catalogo, sottolinea l’origine eterogenea dei materiali e ne offre un elenco:

Molteplici i bacini linguistici e figurativi cui si attinge per il riuso: rebus, cartoline postali, segnaletiche stradali, fumetti, francobolli, immaginette devozionali, fotoromanzo, carte geografiche, spartiti musicali, scontrini, ricevute, le fotografie dei quotidiani e dei rotocalchi.

Si tratta dunque di citazionismo, ma ben diverso da quello che si affermerà nella voga del postmoderno, e che sarà del tipo neutrale e sostanzialmente indifferente. Invece, la ripresa dei materiali nella poesia visiva di quegli anni puntava alla dissacrazione mediante l’incongruenza straniante e l’ostensione ironica. La presenza del corpo femminile nelle operazioni di montaggio – anche, lo sottolineo, da parte delle stesse autrici – era esattamente il contrario dello sfruttamento del richiamo erotico nei messaggi dell’apparato mercantile; si trattava di una esibizione dell’esibizione, una elevazione al quadrato che assumeva una precisa valenza allegorica con risvolto critico. Non per niente, nella sede dell’intervista rilasciata a Claudio Crescentini, Lamberto Pignotti ricordava alcuni presupposti fondamentali: non solo il superamento dei confini tradizionali dell’arte figurativa in quanto il collage della poesia visiva non attingeva «a territori artistici contigui, ma a territori linguistici spesso considerati privi di attrattive estetiche»; ma la tendenza contestativa dell’operazione qualificata in termini di «assunzione deviata dei segni verbali e visivi di quei media», «dirottamento e ribaltamento dei segni, di messaggi respinti al mittente, di contropubblicità»,  «dissacrazione delle icone della società di massa». Negli altri contributi inclusi in catalogo, Patrizio Peterlini rimarca l’importanza dell’uscita dallo strumento-libro, Lucilla Saccà le differenze rispetto al Gruppo 63.
Effettivamente, si veniva configurando un territorio nuovo, spontaneamente d’avanguardia. E se è possibile rinvenire una somiglianza con il Futurismo, nella proposta di svecchiamento e di confronto con le novità del presente, tuttavia la logica era esattamente contraria, ed esattamente non modernolatra. Ma neppure modernofobica: rispetto alla avanguardie storiche, il problema non è più la tradizione, è piuttosto il linguaggio-merce, questo è il carattere proprio della seconda avanguardia, la sua radice per così dire “francofortese” che si manifesta con chiara evidenza nella teoria e nella prassi del Gruppo 70.
La mostra è visitabile fino al 5 maggio 2024.

11/02/2024

1 commento su “Gruppo 70 in mostra”

  1. Caro Francesco, molto interessante questo sunto sul Gruppo 70, quale avanguardia della Seconda Avanguardia! Come sempre il tuo Linguaggio fa Capire – in modo semplice e chiaro – le cose più ‘astruse’, anche a chi… non le vuol capire…
    CiaoCiao
    Antonella

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