La letteratura al tempo del GAFAM

La deprecazione della mercificazione letteraria è esercizio diffuso e che personalmente pratico da molto tempo. Non c’è chi non si accorga della deriva dell’editoria e della caduta di livello dei prodotti selezionati secondo lo standard del rapido consumo; facile è rendersi conto della perdita di stile della narrativa attuale e della riduzione del romanzo a scenografia, ad imitazione delle più fortunate versioni cinematografiche o televisive, e quindi essenzialmente dell’approccio esclusivamente contenutistico che viene richiesto. Così come i guasti culturali che stanno producendo i nuovi social, riassumibili nella sigla del GAFAM (Google, Apple, Facebook, Amazon e Microsoft).
Tutte queste cose le sapevamo benissimo. Però un libro che ce le venga a ripetere in modo documentato e sistematico è sempre utile. Questo libro è uscito in Francia circa un anno fa e s’intitola Le fétiche et la plume. La littérature, nouveau produit du capitalisme, Editore Rivages, frutto del lavoro a quattro mani di due autrici: Hélène Ling e Inès Sol Salas.

Il libro ha il merito di lavorare a largo raggio, dallo specifico letterario (se ancora ne esiste uno) al mondo della comunicazione, alle nuove tecnologie e alle spinte dell’assetto economico generale. Se dovessi riportare un elenco degli argomenti trattati segnalerei i fenomeni di tipo relativamente nuovo: l’autore divenuto personaggio che si promuove nei media; la crisi della critica soppiantata dai giudizi su internet e dagli interventi su Youtube e TikTok; l’inseguimento dei temi di attualità al seguito dell’informazione e di conseguenza la confusione di fiction e non-fiction; di qui ancora l’autobiografismo, che d’altra parte coincide con la “scenarizzazione della vita”; e così via.
Come accennavo all’inizio, il contenutismo è dilagante:

Dans la terminologie américaine, les formes du récit, le roman, la nouvelle, sont devenus fiction, et narrative non-fiction – catégories qui se prêtent mieux à l’émergence d’une nouvelle notion essentielle, celle de « contenu », libéré de ses ancrages dans l’histoire ou dans le genre littéraire. Dans l’explosion des supports de production et de diffusion de masse, le « contenu » a pris un sens matériel et technique historiquement inédit, pleinement délivré de ce qui l’articulait à la notion de « forme ».

È il “contenuto 2.0”, che le autrici connotano anche con l’efficace formula di “neonaturalismo”. Il testo, in ogni caso, si fonda sul richiamo emotivo, sia che riguardi la partecipazione al dolore («exprimer la souffrance»), oppure il raggiungimento del benessere (l’«Happycratie»). Anche l’impegno morale sui problemi sociali, finisce, lo si voglia o no, per entrare nel circuito e rischia, cercando di rappresentare l’altro, di farne “oggettivazione” e “reificazione”.
Questa evoluzione verso il basso appare il portato di processi inarrestabili, da un lato di “democratizzazione” (per cui sparisce quanto di aristocratico avevano la letteratura “alta” e la critica selezionante), dall’altro di “economia dell’attenzione” (per cui si affermano i media più veloci e immediati). Il colpo definitivo lo dà l’ultimo capitolo sulla mutazione della lettura e sulla resa della scuola che pare orientata, nell’apprendimento secondario, a cedere a nuove forme (anche “giocose”), illudendosi di captare così l’interesse del mondo giovanile.
Eppure il letterario resiste, magari come una facciata svuotata. Si usa ancora il termine scrittore, ci sono i premi letterari che emettono i loro verdetti, come se ci fosse ancora il migliore e il peggiore. Ma naturalmente potrebbero essere solo gli ultimi fuochi. Direi che alla fine, nel Fétiche et la plume, il più pessimista è il capitolo sulle forme, dove non solo i contestatori anticonformisti (come Houellebecq) sono smontati come maschere della commedia sistemica, ma anche gli autori stranieri che vale ancora la pena di leggere (Rushdie, Seth, la Roy) sarebbero addomesticati in un nuovo “esotismo strategico”.
A compensare questa assenza di alternativa, l’ultima pagina evoca una rinascita della letteratura, quasi in versione post-apocalittica:

La renaissance de la littérature ne désigne pas, d’ailleurs, sa résurrection (…). Ce renouveau prendrait plutôt la forme d’une variation infinie sur les œuvres connues et inconnues, parmi les myriades de combinaisons inédites, parmi les multiples possibilités jusqu’ici avortées, de la bibliothèque de Babel. Il se déploierait par-delà le cadavre de la machine à produire, une fois que ses tendances et ses automatismes se seraient fondus dans l’amnésie qu’ils auraient eux-mêmes générée, libérant peut-être alors les œuvres singulières qu’ils recouvraient. La matière littéraire n’est en effet atemporelle que parce qu’elle se trouve portée à s’absenter, à être détruite, reniée, et capable par là de réapparaitre dans le jeu mémoriel, de façon inédite, sur fond de chaos. Alors s’offrirait une littérature encore insoupçonnable, telle que s’offre à nous, tardivement, la substance des époques inimaginables du passé, traduites de langues absolument inconnues, revenues au détour d’un pur hasard au moment présent.

Il libro ha tutte le citazioni teoriche giuste: menziona Barthes e Bachtin, ma anche Blanchot e Bataille, poi c’è Benjamin e un posto di riguardo tocca al Jameson del postmoderno, sebbene ormai il postmoderno risulti superato da un «post-postmodernismo» con «infra-pastiche» senza originale, privato ormai pure dell’“ironia bianca” jamesoniana (lo dicevo io, che mi sarebbe toccato di rimpiangere quel postmoderno, che le autrici chiamano, facendo il verso al teorico americano, “Alto-postmodernismo”).
Tra le citazioni non poteva mancare la “perdita d’aureola” di Baudelaire”. Però, però: quella non era tanto una lamentazione del degrado; era piuttosto una liberazione dalle pretese sacrali, presa con una certa allegria! A volerla portare avanti oggi, vorrebbe dire, dismessa ogni velleità di entrare nel mercato, ma nello stesso tempo anche ogni obbligo, compresa la responsabilità sociale, vorrebbe dire scrivere nel modo più folle. Senza alcun vittimismo dell’autore (perché non sono pubblicato? perché non vengo premiato? Maledetto sistema!) e senza alcuna nostalgia del passato potere; una volta l’ho chiamata condizione catamoderna: la modernità sta andando a fondo? Allora portiamola fino in fondo.
Perché poi ci sono, in Italia, ma penso anche in Francia, non poche scritture di “ricerca”. E aggiungerei: le due autrici di Le fétiche et la plume, sono anche scrittrici: sarei curioso di vedere cosa scrivono a partire dalle drastiche posizioni di questo pamphlet. In attesa di ulteriori ragguagli e traduzioni, intanto do il benvenuto a un saggio convenientemente “marxiano”.

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