Un nuovo intervento di Contiliano sulla poesia

Continua la collaborazione di Antonino Contiliano con “Critica integrale”, sempre sul tema della poesia e della intelligenza artificiale.

Nella poesia fotopolaroid della poetry machine
c’è posto per √2 e √-1?

Nel mondo immerso nel capitalismo globale e nella rivoluzione tecno-scientifica algoritmica messa a servizio, la comparsa della “poetry machine” solleva interrogativi radicali. Capace di genera pagine di prossimità poetica da immagini catturate dal suo occhio elettronico, quelle pagine non possono non essere che foto-polaroid rappresentative di uno stato di cose immobilizzato al suo presente (il presente senza un passato e un futuro che lo ibridi). Nessun taglio del tempo poetico con le sue durate eterogenee e storiche. Incapace di seguire le velocità temporali delle potenzialità dell’occhio della mente e dei suoi concatenamenti semiotici esponenziali non può che servire che attese già previste e confezionate come per i prodotti degli stereotipi pubblicitari (le macchine della produzione di massa e di produzione delle masse individualizzate). La sua indifferenza alle biforcazioni della poesia dei soggetti umani (gli animali viventi che nell’immanenza di una vita si staccano dallo stesso ambiente che, impersonale, li comprende e li muove) non può darci che parole-immagini prive del tempus, il kairós dei suoni e delle sfumature di senso del testo di un autore (il soggetto e la soggettività che sa che artificio e realtà ancora non sono l’identità del prezzo unico che gli appiccica la logica del valore capitalistico). In-differenziante, non può non sollevare interrogativi relativi alla percezione e all’elaborazione intellettuale ed etico-politica che, complesse e plastiche, stanno a fondamento di un testo di poesia di un autore vivente che sa delle condizioni della produzione e dell’azione poetica che porta l’infinito della vita e la vita della vita, l’impersonale universale. La visione di un occhio elettronico è affatto paragonabile a quella metaforica e allegorizzante della mente di un individuo che, nonostante la sua propria individualità, non è immune dai processi di individuazione pre-e-post natali impersonali. Automatizzata, la poetry machine, mette in discussione la singolarità creativa e storica dell’animale umano che, vivente, storico e campo di forze potenziali, si trova sempre in relazione dinamica con l’ambiente in cui vive e con la capacità di distinguere: a) sia tra sfondo e primo piano dell’esperienza sensibile; b) sia tra costanti e variabili del sistema linguistico e produttivo sociale che abitata e da cui è abitato; c) sia tra virtualità e attualizzazione; d) stato di cose e possibilità.
Ora può una macchina riprodurre l’essenza della poesia che, esperienza culturale e politica contingente, soggettiva, esponenziale, campo di soggetti e predicati eterogenei, è attività/prassi simbolica irriducibile a rapporti binari e binari-digyt di uno sguardo elettro-computazionale? Forse soddisferà la generica curiosità del “qualunque”, ossia dell’ente generico (K. Marx, Manoscritti economico-filosofici, 1844) cui si rivolge la società del consumo tecno-totalizzante, che affoga l’attenzione nella pubblicità oltremodo aberrante, narcotizzante.
Come il fallimento della razionalizzazione pitagorica segnato da Ippaso – punito per aver rivelato l’incommensurabile –, anche la soggettività poetica del singolare, minacciata da una razionalizzazione calcolistica neuro-elettronica (che produce versi puliti, grammaticali e ideologicamente neutri, pronti per il consumo), rischia la marginalizzazione e l’annegamento. Ma la poesia non è “prodotto”, né linguaggio figurativo/descrittivo macchinizzato: è vortice critico, processo di tensioni, movimento di senso non prevedibile, inarrestabile asintoticità come la distanza sempre più infinitesima della radice quadrata di due (√2) e la fuga della radice quadrata dei numeri immaginari (√-1), i numeri immaginari che testimoniano dell’autonomia del tempo e del suo movimento e fuga (irriducibili alla stessa velocità dei cervelli elettronici e delle formule quantistiche). Come dire che il tempo della poesia è quello che si imparenta o si somiglia (solo per una analogia epistemico-poetica anomala) con il calcolo infinitesimale della logica intensionale di tipo leibniziano o della necessità della contingenza (Leibiniz, il logico e filosofo del calcolo universale e dell’arte della combinazione idee-numeri).
La “poetry machine” incarna il sogno turinghiano della creatività meccanica. Ma l’algoritmo non conosce né la memoria storica né il tempo singolare del vivente. L’occhio del poeta abita l’incommensurabile, mentre la macchina fotografa istanti canalizzati (più o meno paesaggistici). Una logica algoritmica giustamente programmata – connessioni aritmetiche pre-formate – li fissa in un archivio-memoria cine-computerizzato. Se la poesia è relazione dinamica indefinibile (non indeterminata) tra singolarità estetica e immagine concettuale, allora – crediamo – si comporti come il calcolo infinitesimale, la relazione predicativa contingente che eccede la logica discreta dei numeri razionali e che si deterritorializza (è possibile) grazie ai numeri immaginari (‘i’), quelli che eccedono ogni funzione d’ordine computabile e finito nei suoi passaggi deduttivi necessitanti.

Il calcolo infinitesimale come metafora poetica
Il “calcolo infinitesimale” diviene qui la chiave per comprendere la poesia come, a suo tempo, è stato per la comprensione logica dell’esistenza inconfutabile del numero ‘√2’. La poesia, come la radice quadrata di due, sfugge alla razionalità finita; un pensiero sensibile che opera per legami non lineari (mai chiusi in un circuito di necessità dimostrativa) qual è invece la necessità della contingenza e dei suoi eventi espressivi simbolizzati, di cui la poesia è un campo di azioni in movimento contestuale inarrestabile, e pratica simbolica – unica – di eventi contingenti particolari.
Gilles Deleuze, nel saggio “Mathesis, Scienza e filosofia” (Cos’è l’immanenza? – Immanenza Una Vita, Milano, Mimesis, 2010), citando la poesia L’Éventail di Mallarmé, scrive che il «soggetto qui è il movimento in sé, come puro oggetto di pensiero, al di là di ogni manifestazione sensibile. (…) L’intero andamento della poesia consiste nel dar corpo al pensiero del movimento incarnandolo in un oggetto sensibile, trasformandolo in questo stesso oggetto (…)» (Ivi, p. 24).
Gli esperti di neuro-elettronica, quelli che hanno mandato il dio leibniziano (il creatore del migliore tra i mondi possibili) a scuola presso i programmatori del computer mentale dell’animale umano, forse non hanno preso in considerazione la potenza non-programmabile della necessità della contingenza e dell’evento che ne mostra la certezza.
Leibniz lo intuì. La sua riflessione filosofica, tra il 1685 e il 1689, ne dette il corpo in quattro saggi: “Sulla natura della verità, della contingenza e della differenza e sulla liberà e predeterminazione; Sulla contingenza; Sulla libertà, la contingenza e la serie delle cause, sulla provvidenza; Origine della delle verità contingenti”. Per inciso: oggi, nella traduzione di Andrea Sani, sono raccolti nella pubblicazione Scritti sulla libertà e sulla contingenza (Firenze, editrice Clinamen, 2003). Il filosofo tedesco, solo per non dilungarci, per argomentare sul problema si servì della metafora del labirinto: il “labirinto” del rapporto libertà/necessità e quello geometrico della divisibilità infinita del continuum (il calcolo infinitesimale). Noi, analogicamente (anticipiamo), usiamo il calcolo infinitesimale come metafora per situare il mondo della poesia e del suo linguaggio tra le grandezze qualitative incommensurabili, indimostrabili, inprogrammabili.
Le verità del sapere e della prassi poetica – come le implicazioni contingenti (nostra ipotesi leibniziana) – non si dimostrano, ma si sviluppano indefinitamente. L’analisi di queste verità è infinita, così come infinita ed esponenziale è la divisione delle grandezze incommensurabili (del resto Leibniz trattava i concetti e le idee delle proposizioni come se fossero grandezze di tipo matematico: ad ogni idea semplice fa corrispondere biunivocamente un numero naturale primo e ad ogni proposizione composta il prodotto delle idee semplici quali numeri primi moltiplicati). Grandezze solamente spazio-estensive (come più tardi sarà l’oggetto dell’“estensione” logica formalizzata di Gottlob Frege). L’“intensione” (la questione del senso) e dei movimenti temporali inseparabili come quelli dell’identità (esempio classico e noto) della “stella della sera” e “stella del mattino” è problema concettuale ed espressivo non decidibile entro i passaggi determinati della logica dimostrativa o non contraddittoria.
Il tempo della poesia è qualitativo, ondulatorio, in continua contrazione e dilatazione di eventi-senso e di enunciati paradossali, allegorici, sperimentali. Non cresce secondo una logica progressiva e cumulativa, ma si muove per pieghe, proliferazioni, biforcazioni (in modo simile a un campo topologico o a una dinamica quantistica ossimorica). Non c’è causalità lineare, ma campi di tensione e di esplosione semiotica. Un testo poetico può contenere e generare una molteplicità di sensi, come in un “effetto farfalla” che si muove sensibilmente alla velocità della legge astronomica individuata da Hubble-Lemaître (la legge dell’espansione dell’universo e, per lo più, nota con il solo nome di Hubble: la velocità di allontanamento di una galassia è direttamente proporzionale alla sua distanza da noi).
Nel linguaggio poetico ogni parola diventa un’intensità percettiva e concettuale che si allontana sempre di più da ogni occhio fisso come quello di una macchina fotografica, e il suo tempo poetico implode ed esplode come una guerriglia sempre insurgente: non si misura; si attraversa con tutto il carico immanente della sua memoria pre-individualizzazione e poi con la potenza della soggettività insiemistica della spiritualità umana. È questa qualità che rende la poesia una linea di fuga e durata irriducibile al tempo operativo e standardizzato delle “poetry machine”; i dispositivi automatici e presuntamente neutri che operano secondo logiche input/output. Risposte cioè incapaci di immergersi nella densità storica e affettiva dell’esperienza singolare di una individualità che, in ogni dove, diventata soggetto e soggettività (storicamente particolare e autonoma, ma come una monade interattiva) che rende sensibili i suoi pensieri e i suoi concetti (segni e immagini).

Il tempo preindividuale e la resistenza poetica
La “poesia polaroid” generata dalla macchina – come una fotografia verbale istantanea – rimane all’interno di un tempo misurabile e discreto. Ignora la durata, l’informe, l’intensivo che precede la forma. La macchina non ha accesso al tempo preindividuale, campo metastabile di affetti, tensioni, forze: il fondo sensibile da cui emerge la scrittura poetica come singolarizzazione (per inciso: il tempo preindividuale del poeta vivente, usando, ora e in prestito, la funzione dei numeri immaginari ‘i’, è quello che nell’esplorazione della fisica quantistica viene chiamato quark “bellezza” o quark “stranezza” e che si esprime con la comparsa dei numeri “ i e √ -i” (i numeri immaginari, quelli che testimoniano dell’autonomia del tempo rispetto alla sua spazializzazione euclidea).
Come un elastico che pulsa sulla pagina, esso fa emergere parole che non sono semplicemente dati, ma intensità che modulano il senso, producendo eventi linguistici irriducibili al codice del tempo algoritmico binarizzato, ‘0 1’. Nel testo poetico i “quark” (altra allegoria interpretativa) della contingenza, come nello spazio-tempo della relatività quantistica, hanno una velocità di allontanamento dai determinismi del calcolo metrificato. Il loro movimento è trattabile solo con i numeri ‘i’ (numeri immaginari), o come la radice quadrata “-1” o “i x i = -1” (per l’informazione dettagliata rimandiamo, se interessati, all’opera di Paul Davies, I misteri del tempo, Milano, Mondadori, 1997).
La poesia non presenta il mondo come oggetto, seppure una rappresentazione psico-cognitiva soggettiva non manca di tentarla: agisce come un insieme e un montaggio di elementi eterogenei. Non descrive il mondo, lo reinventa. Non obbedisce, ma resiste e si posiziona infinita parola critica. È un atto linguistico che trasforma i segni nel mentre li percorre, facendo attrito, deragliando. È un gesto corporeo e politico risonante ed estraneo alla riproducibilità degli automi. Come affermano Simondon, Deleuze e Guattari, è nella resistenza e nell’intensità metastabile dell’espressione che costituisce un soggetto singolare ma collettivo; non è un detenuto dell’algoritmo.
Una poetry machine può scrivere versi, ma non può fallire. Non può rischiare il silenzio, la perdita del senso, l’errore fecondo di una mano che scrive, cancella, riscrive … Non può vivere una crisi semantica, che è il cuore stesso dell’evento poetico. Non attraversa il desiderio, il corpo, il tempo non misurabile: si limita a operare senza distrazione (non possiede neanche l’attenzione distratta di cui W. Benjamin, parlando dello spettatore incuriosito che frequenta le sale cinematografiche, ha notato una funzione percettiva e selettiva particolare: un “esperto” che del film attenziona e sceglie ciò che più lo coinvolge). Il poeta, invece, come – ci garba – suggerisce B. Stiegler (La miseria simbolica 1- L’epoca iperindustriale e 2- La catastrofe del sensibile, 2021/22), è un “poli-tensore” o insonne attività immanente: intensifica, attraversa, mette in crisi, apre mondi possibili.
In questo senso, la poesia è un calcolo infinitesimale dell’esperienza umana, una libertà linguistica incommensurabile che, proprio nella sua non-calcolabilità, si oppone radicalmente al progetto di automazione e razionalizzazione dell’immaginario capitalizzato e mass-mediatizzato. È un’espressione singolare, storica e politica della potenza poietica del vivente in rapporto con l’infinito della vita che vi si attualizza (forse ci vorrebbe un nuovo George Cantor…): un atto che, esattamente come l’infinità delle verità contingenti, non si lascia ridurre né archiviare, ma continua a resistere politicamente, imprevedibile, nel cuore stesso del capitalismo linguistico, il significante che misura i rapporti servili personalizzati.

Marsala, agosto 2025

28/10/2025

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